La Ru486, distribuita con il nome di Mifegyne ha potuto essere commercializzata in Italia a partire dal 2009, dopo il via libera dell'Agenzia italiana per il farmaco (Aifa).
Il medicinale consente l'interruzione di una gravidanza, nel pieno rispetto della legge 194, senza ricorrere alla via chirurgica.
In Emilia Romagna, Lombardia, Liguria, Toscana e Lazio la somministrazione del farmaco, utilizzabile solo in ospedale, avviene in day hospital. Lo stesso accadeva anche in Umbria, in base a quanto deciso dal precedente presidente di regione, Catiuscia Marini.
Accadeva, perché d'ora in poi anche l'Umbria chiederà il ricovero di 3 giorni per le donne che vorranno praticare l'aborto farmacologico. Questo è quanto ha deciso la giunta di destra guidata dalla presidente leghista Donatella Tesei.
Una decisione che ha suscitato molte polemiche anche per il periodo in cui è stata presa, in base alle raccomandazioni della Società italiana di ginecologia e ostetricia che, a causa del coronavirus, aveva chiesto alle regioni di favorire l'aborto farmacologico tramite il day hospital, per tutelare salute delle donne diminuendo così l'eventualità di esposizione al contagio, che in un ospedale è sempre maggiore.
Inoltre, alcuni hanno anche avanzato l'ipotesi che, a questo punto, gli ospedali umbri all'interno delle loro strutture non assegneranno neppure i posti letto minimi garantiti per effettuare l'aborto farmacologico, rendendo pertanto impossibile in quella regione l'interruzione di gravidanza.
Una decisione di puro stampo politico di cui nessuno sentiva l'urgenza e tantomeno la necessità... considerando anche le modalità in cui la Ru486 viene utilizzata in Italia rispetto ad altri Paesi europei.
Una decisione che, naturalmente, non è stata accolta positivamente dalle associazioni a tutela dei diritti delle donne, ma che sicuramente farà festeggiare tutto il mondo degli ultrà cattolici, sostenuto oltretutto da teorie omofobe e razziste, che fa capo alla Lega di Matteo Salvini.