Il sogno di Giuseppe Sala(h) è quello di essere annoverato nell'olimpo delle persone di grande prestigio al pari del suo collega Sindaco di Londra, Sadiq Aman Khan.  E per sentirsi più vicino alla dimensione vissuta dal britannico di origine pakistana e di religione musulmana, ha bisogno che Milano, anzi Milanistan, diventi il più possibile simile alla capitale del Regno Unito.

Londra si sa, è la città per eccellenza del "melting pot". E' capitale mondiale del multiculturalismo in quanto  si incontrano nazionalità provenienti da tutto il mondo. Ma Londra non è il Regno Unito.

E infatti, mentre i britannici  delle altre città, del "countryside" votavano per la Brexit, a Londra hanno vinto i "remain".

Come dicevamo, il nostro Sala(h)  è desideroso di "elevare" la città, da lui governata, sul modello di quella di Sadiq Khan. L'ex amministratore di Expo ha chiamato a raccolta le sue truppe (500 sigle, dalle organizzazioni sindacali all' Unicef, da Save The Children,  ai soliti personaggi della cultura immigrazionista) per organizzare una manifestazione,  dall'enfatico nome "la marcia dei migranti",  per dimostrare che la connotazione di Milano è quella di una città multiculturale.  Il Sindaco si è poi messo a capo del corteo vestendo la fascia tricolore.

Una fascia che in realtà rappresenta solo il 25% dei voti dei milanesi. Infatti metà degli elettori disertò il voto, preferendo la gita al mare e l'altro quarto dell'elettorato votò per il candidato di opposizione.

"Milano diventerà la nuova Londra" dice il nostro ambizioso Sindaco. Ma il progetto parte da basi errate in quanto il multiculturalismo londinese ha radici molto più profonde rispetto al fenomeno dell'immigrazione nel capoluogo lombardo che è solo di recente periodo.

Londra è sempre stata una città cosmopolita essendo stata anche capitale dell'Impero Britannico che aveva dominato un quinto della popolazione mondiale. Già nel  1770 si trovavano 70.000 africani in Inghilterra e saltando al dopo guerra, l'immigrazione nella capitale britannica si è incrementata con cittadini provenienti dalle colonie. Cittadini con la piena conoscenza della lingua inglese e cresciuti nella cultura anglosassone. Altri stranieri che arrivarono successivamente, venivano per trovare un lavoro e una vita dignitosa. Cosa che normalmente avveniva in quanto Londra è una città dove riuscivi facilmente a sbarcare il lunario dignitosamente. Giovani (tra questi molti italiani) approdavano sulle rive del Tamigi per apprendere la lingua inglese o per studiare nelle università, per poi decidere di rimanere con un progetto di vita.  E molti ricchi, provenienti dall' Africa o dall'Asia, si sono stabiliti a Londra. Comprandosi casa per godere la loro vita agiata lontano dai loro paesi di origine.

 I problemi della società britannica sono nati con le seconde e terze generazioni di immigrati.  Sono le generazioni che hanno sedimentato un risentimento sociale nei confronti della società che ha adottato i loro padri.

E' la bomba ad orologeria, la cui deflagrazione dovremo temere in futuro, di fronte al processo di immigrazione/esodo troppo veloce rispetto alle possibilità di accoglienza della società italiana. Senza tenere conto che l'Italia non possiede la capacità di uno Stato per far rispettare le regole, come avviene nel Regno Unito.

Tra le comunità in maggiore espansione, in questi ultimi anni a Milanistan, è quella cinese. Una comunità  che si mantiene chiusa nei normali rapporti quotidiani con quella meneghina, ad esclusione di quando i cinesi sono nell'esercizio delle loro attività commerciali, soprattutto quella del catering. L'unico momento di "vera integrazione"  è quando i cinesi si presentano ai gazebo del PD per porre il loro "libero voto". Quasi nessun cinese parla italiano  e nessuno vuole la cittadinanza italiana. Infatti prendendo il passaporto italiano, un cinese sarebbe obbligato a rinunciare a quello della Repubblica di Cina, per loro ben più prezioso.

Ma la  comunità di immigrati più numerosa a Milanistan è quella dei filippini.  E' la sola comunità integrata, in parte essendo di religione cattolica, in parte per la contaminazione culturale del passato con gli spagnoli.

Gli altri stranieri maggiormente presenti in Milanistan sono provenienti  dal Nord Africa, soprattutto dall' Egitto e dal Marocco la cui cultura e religione si cozza con gli usi e i costumi di casa nostra. Poi c'è un ulteriore centinaio di nazionalità differenti, presenti ai piedi della Madonnina, provenienti da altri paesi dell'Africa, dell'Asia e dell'America Latina.

 Molti di questi stranieri sfuggono alla rilevanza di un censimento vivendo una vita molto precaria che spesso sfocia nelle attività criminali che tutti conoscono.

E poi abbiamo gli ospiti, provenienti principalmente dall'Africa, che sono classificati "richiedenti asilo" e che sono a carico del contribuente italiano.

Più che un "melting pot" l'immigrazione a Milano è un pot-pourri, dove la stragrande maggioranza degli stranieri non conosce nulla del Paese Italia e lo intende solo come terra di conquista. Il fattore religioso poi è preponderante nella prepotenza espressa da certi stranieri che pretendono di imporre le loro regole in barba a quelle che sono le leggi italiane.

Il nostro Sindaco Sala(h), cavalcando l'immigrazionismo , ha intrapreso, insieme ai compagni di merenda,  una strada che ci porterà al suicidio etnico e sociale, soprattutto nelle modalità e nei tempi in cui questo processo epico lo stiamo subendo.

Tra i compagni di merenda ci sono anche i milanesi della ricca borghesia, gli stessi che hanno fatto eleggere il Sindaco Sala(h). Sacrificando un pomeriggio lontano dalle loro seconde case di Santa Margherita o di Courmayeur i radical chic nostrani hanno manifestato per far diventare Milano come Londra.