31 ottobre, giornata mondiale del risparmio. Nell'occasione, il governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco ha rilasciato una dichiarazione intervenendo alla 94ª Giornata Mondiale del Risparmio, dedicata a "Etica del risparmio e sviluppo", organizzata a Roma dall'Associazione di Fondazioni e di Casse di Risparmio Spa (ACRI).
Nel suo intervento, Visco riassume l'attuale situazione economica e finanziaria del Paese, conseguente alle dichiarazioni e alle scelte annunciate da parte dei ministri dell'attuale Governo.
Visco ha ricordato quanto fatto dalle "banche" per uscire dalla situazione di crisi dovuta all'alta esposizione in relazione a crediti inesigibli da parte di alcuni dei principali istituti italiani.
"Per attenuare le conseguenze di questa situazione il settore finanziario ha partecipato con contributi volontari alla soluzione dei casi più problematici. Sono state introdotte misure volte a favorire una gestione più attiva dei crediti deteriorati e ad accelerarne il processo di recupero; sono state varate riforme per rafforzare la governance e la capitalizzazione delle banche popolari e di quelle di credito cooperativo, con modalità diverse in ragione delle diverse dimensioni e della tipologia degli intermediari. Si è intervenuti con fondi pubblici, laddove necessario e possibile, anche per mantenere la continuità operativa nei casi di liquidazione."
Poi il Governatore è passato a descrivere quanto di grave stia accadendo in Italia negli ultimi tempi.
"Dalla metà di maggio i rendimenti dei titoli di Stato italiani sono progressivamente aumentati; quelli sulle scadenze decennali hanno toccato il 3,7 per cento, il massimo dal 2014; il differenziale rispetto ai corrispondenti titoli tedeschi oscilla oggi attorno ai 300 punti base, contro una media di circa 130 registrata nei primi quattro mesi di quest’anno .
Da maggio ad agosto gli investitori esteri hanno effettuato vendite nette di titoli italiani per 82 miliardi, di cui 67 relativi a titoli pubblici. L’ammontare risulta elevato anche quando si tiene conto del fatto che le emissioni nette del Tesoro sono state negative in giugno e in agosto (complessivamente per 17 miliardi). Al deflusso di capitali hanno contribuito gli acquisti netti di titoli esteri da parte dei residenti (pari a 18 miliardi, in gran parte nel mese di agosto).
E tutto questo perché sta accadendo?
"Questi andamenti non riflettono un peggioramento dei fondamentali della nostra economia, anche se è in atto un rallentamento congiunturale più marcato che nel resto dell’area. La disoccupazione è diminuita. È proseguito il rafforzamento delle condizioni patrimoniali e della redditività delle banche ed è migliorata la qualità del credito. L’avanzo di parte corrente della bilancia dei pagamenti è rimasto elevato e ha determinato un’ulteriore riduzione della posizione debitoria netta sull’estero, ormai prossima al pareggio.
E allora a chi attribuire la colpa?
"All’ampliamento del premio per il rischio sui titoli di Stato ha contribuito l’incertezza sull’orientamento delle politiche di bilancio e strutturali e sull’evoluzione dei rapporti con le istituzioni europee.
Sono riemersi i timori degli investitori nazionali ed esteri per la dinamica del debito pubblico e per il rischio di una sua ridenominazione.
In base a quali prove poter sostenere l'esistenza di tali timori?
"L’andamento del differenziale di premio tra i contratti di assicurazione contro il rischio di inadempienza del debitore (credit default swaps) stipulati sui titoli pubblici italiani successivamente alla crisi dei debiti sovrani, che proteggono anche dal rischio di ridenominazione del debito, e quelli negoziati precedentemente, che non offrono tale protezione, indica che il rialzo dello spread ha rispecchiato in parti pressoché uguali l’aumento dei rischi di default e di ridenominazione, rischi che si alimentano a vicenda.
Al contrario di quanto era accaduto all’apice della crisi, quando si erano diffusi timori di tenuta dell’euro, l’ampliamento del
premio per il rischio ha riguardato quasi esclusivamente l’Italia; nel resto dell’area il rischio di ridenominazione è rimasto, nella percezione degli investitori, molto contenuto.
Quali possono esser le conseguenze di una tale situazione di instabilità?
"Le conseguenze di un prolungato, ampio rialzo dei rendimenti dei titoli di Stato possono essere gravi. Il loro incremento deprime il valore dei risparmi accumulati dalle famiglie e può determinare un peggioramento delle prospettive di crescita economica.
Premi elevati a copertura del rischio sovrano rendono più difficile il controllo della dinamica del rapporto tra il debito pubblico e il prodotto. Questo rapporto tende a salire quando aumenta la differenza tra l’onere medio per interessi sul debito e il tasso di crescita nominale del prodotto; ne risulta compromessa la capacità della politica di bilancio di contribuire alla stabilizzazione dell’economia; diventano angusti gli spazi per gli investimenti pubblici.
Il rialzo dei premi per il rischio sul debito pubblico produce perdite in conto capitale che peggiorano la situazione patrimoniale delle banche; incide sul costo e sulla disponibilità dei finanziamenti che gli intermediari raccolgono sul mercato e sulla loro capacità di fornire credito all’economia.
Direttamente o indirettamente il rischio sovrano ricade sulle famiglie italiane. Non solo esse detengono titoli pubblici per un valore nominale di quasi 100 miliardi, ma all’attivo degli intermediari a cui esse affidano i loro risparmi – nella forma di depositi bancari, di polizze assicurative, di quote di fondi pensione, di risparmio gestito – vi sono titoli pubblici per circa 850 miliardi.
Dalla metà di maggio il valore di mercato dei titoli di Stato si è ridotto: per quelli con durata superiore all’anno le perdite sono state, in media, dell’8 per cento.
Le tensioni si sono inevitabilmente estese all’intero mercato finanziario italiano, con un forte deprezzamento degli indici relativi alle obbligazioni private e alle azioni; per il complesso delle società quotate il valore di borsa è calato di circa il 20 per cento."
Ma i problemi non finiscono qua. Infatti, Visco ricorda le conseguenze sul debito pubblico in relazione a quanto sta accadendo.
"Il rialzo dei tassi di interesse sui titoli di Stato si riflette negativamente anche sul bilancio pubblico. Qualora non venisse riassorbito, l’incremento fin qui registrato provocherebbe, già dal prossimo anno, maggiori spese per interessi per circa 0,3 punti percentuali del prodotto (oltre 5 miliardi).
L’aggravio salirebbe a mezzo punto nel 2020 e a 0,7 punti nel 2021. Ciò accrescerebbe l’avanzo primario necessario anche solo a stabilizzare il rapporto tra il debito pubblico e il prodotto interno lordo."
Ma anche le banche sono a rischio.
"Dalla fine di maggio il costo che le banche sopportano per raccogliere fondi sotto forma di obbligazioni – approssimato con i rendimenti dei titoli sul mercato secondario – è più che raddoppiato; entro il 2020 giungeranno a scadenza obbligazioni bancarie per 110 miliardi, circa il 40 per cento di quelle attualmente in circolazione.
L’aumento del rischio sovrano si è riflesso anche sulle quotazioni azionarie delle banche che, dopo essere cresciute del 13 per cento tra l’inizio dell’anno e la metà di maggio, si sono successivamente ridotte del 35 per cento."
Ma tutti i problemi finiranno poi per ricadere su famiglie ed imprese.
"Questi andamenti finiscono per incidere negativamente sul costo e sulla disponibilità di credito per le famiglie e le imprese. Ad attenuare finora la trasmissione delle tensioni ai prestiti bancari hanno contribuito la più elevata capitalizzazione degli intermediari e la loro più stabile struttura di finanziamento.
Una valutazione dell’impatto complessivo sull’economia dell’aumento del rischio sovrano è un esercizio soggetto ad ampi margini d’errore. Tuttavia è difficile immaginare che una riduzione della ricchezza delle famiglie, maggiori difficoltà per le imprese di accedere al credito e di investire, una minore capacità di intervento del settore pubblico non abbiano conseguenze di rilievo per l’attività economica."
In questi passaggi del discorso di Ignazio Visco è espressa tutta la preoccupazione del governatore di Bankitalia per la situazione politica attuale in Italia, in relazione al fatto che chi ne è alla guida non sembra aver ancora minimamente compreso le conseguenze e le ricadute di certe scelte.
Paradossalmente, l'irresponsabile arroganza di Salvini e Di Maio, insieme alla cieca obbedienza del premier Conte nel soddisfare la propaganda dei due vicepremier, come ha ricordato Visco, avranno ricadute pesantemente negative soprattutto sulle imprese e sulle famiglie... gli stessi soggetti che l'attuale Governo dice di voler aiutare, prima di altri!