Secondo i dati forniti dalle Nazioni Unite, nel 2022 sono state circa 160mila le persone che, attraversando il Mediterraneo sono giunte in Europa per fuggire da guerre e povertà in Medio Oriente, Africa e Sud-est asiatico. Quasi 8 milioni, invece, il numero di rifugiati ucraini che dallo scorso 24 febbraio sono fuggiti dal loro paese per trovare rifugio in Europa.
E quest'oggi, nella riunione informale dei ministri dell'Interno e della Giustizia dei Paesi Ue che si tiene in Svezia in preparazione del prossimo Consiglio Ue previsto per inizio febbraio, si è parlato di migranti... ovviamente non provenienti dal nostro Continente.
Se ne è parlato per garantire loro un sistema di accoglienza?
No. Per garantire invece rimpatri più rapidi dall'Unione europea ai paesi di origine, cosa che finora non è avvenuta in maniera efficace per una mancanza di risorse e coordinamento all'interno dell'Ue, ritenute non sufficienti per garantire che una persona senza diritto di soggiorno sia effettivamente rimpatriata o espulsa. A queste si è aggiunta anche l'insufficiente cooperazione dei paesi di origine.
Il ministro per la migrazione del governo post-fascista svedese, Maria Malmer Stenergard, ha riassunto il risultato della prima giornata del vertice dicendo, in pratica, che tutti i paesi Ue condivideranno tutti gli strumenti a loro disposizione per far funzionare quello che finora non ha funzionato!
Anche il post-fascista italico, il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi, ha voluto dare il proprio contributo ai colleghi presenti su come poter danneggiare i migranti, dando per scontato il fatto che si riferisse unicamente a quelli non caucasici e non cristiani:
«Ritengo che sia opportuno lavorare per sviluppare un terzo modello di rimpatrio che potremmo chiamare "rimpatrio forzato accompagnato". Un'operazione di ritorno che sia associata a progettualità di reintegrazione, anche in caso di rimpatri forzati, può infatti agevolare la collaborazione dello straniero, stimolare i Paesi terzi di provenienza a rafforzare la cooperazione e concorrere a contrastare le cause profonde dell'immigrazione. Certamente anche la leva dei visti è uno strumento che dobbiamo tenere in considerazione ed utilizzare per indirizzare i Paesi terzi verso una più fattiva collaborazione».Al termine del suo intervento il ministro Piantedosi ha sottolineato «l'importanza che assume il Coordinatore europeo per i rimpatri. Il mio auspicio è che questa figura divenga concretamente il fulcro di un'azione europea più incisiva, anche attraverso una stretta sinergia con Frontex».