Il Focus “L’assistenza sanitaria territoriale: una sfida per il Servizio sanitario nazionale” analizza la componente del PNRR dedicata alla sanità territoriale, per la quale sono previsti 7 miliardi di investimenti e 500 milioni del Fondo complementare (FoC). Il Piano prevede un importante tentativo di riorganizzare l’assistenza sanitaria non ospedaliera, passaggio cruciale per riqualificare il Servizio sanitario nazionale (SSN), e di riordinare il sistema di prevenzione. Un intervento ritenuto necessario dal momento che il ridimensionamento della capacità degli ospedali – peraltro già bassa rispetto ad altri paesi (il numero di posti letto per 1.000 abitanti è passato da 4 nel 2005 a 3,2 nel 2019, mentre la media europea è scesa da 6,1 a 5,3) – non è stato accompagnato da un adeguato rafforzamento della sanità territoriale, con carenze più evidenti in alcune Regioni.

Per far fronte a questa situazione, gli interventi relativi all’assistenza territoriale da finanziare con il PNRR si sviluppano su tre livelli: le Case della comunità, alle quali sono destinati 2 miliardi di euro; gli Ospedali di comunità, per i quali è previsto 1 miliardo; l’assistenza domiciliare, con risorse pari a 1 miliardo per la telemedicina, 2,72 miliardi per aumentare gli assistiti over-65 di almeno 800.000 unità, portandoli a 1,5 milioni, e altri 280 milioni per attivare entro giugno dell’anno prossimo 600 Centrali operative territoriali (COT). Tutti questi servizi saranno inquadrati nel nuovo modello organizzativo per la rete di assistenza sanitaria territoriale delineato dalla apposita riforma, volta a determinare gli standard strutturali, tecnologici e organizzativi, nonché a introdurre un nuovo assetto istituzionale per la prevenzione in ambito sanitario, ambientale e climatico (al cui finanziamento è diretto l’apporto del FoC).

Una volta esauriti questi investimenti, però, restano diversi dubbi su dove reperire quei fondi necessari a garantire la continuità di questi servizi: dall'assistenza domiciliare agli ospedali di comunità, fino al potenziamento di quelle risorse umane necessarie a garantire l'erogazione delle prestazioni.

Più nel dettaglio, dall’esame della riforma della sanità territoriale e del sistema di prevenzione, contenuta nel DM 77/2022, emergono tre principali criticità.

Innanzitutto vengono sollevati alcuni dubbi sulla valutazione delle risorse correnti necessarie a rendere operative le nuove strutture di assistenza sanitaria territoriale. Inoltre, quando le risorse del Pnrr saranno esaurite, "si dovrà rinvenire nei finanziamenti al Ssn più di un miliardo per dare continuità ai servizi di assistenza domiciliare e quando gli Ospedali di comunità saranno disponibili si dovranno reperire 239 milioni per il relativo personale. Peraltro, la programmazione finanziaria per il triennio iniziato nel 2023 implica un ridimensionamento della quota del prodotto allocata alla sanità pubblica, che renderebbe difficile potenziarne i servizi, anche in presenza di una riorganizzazione degli stessi", spiega l'upB. "Plausibilmente emergerà quindi l’esigenza di destinare ulteriori finanziamenti all’assistenza sanitaria territoriale; tra l’altro il Governo si è impegnato con le Regioni a reperire ulteriori risorse ove si rendessero necessarie, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica. Con riguardo al necessario potenziamento delle risorse umane, la difficoltà di reperire il personale e la perdita di attrattività del Ssn stanno diventando un’emergenza, soprattutto per quanto riguarda gli infermieri e alcune categorie di medici, da affrontare con una adeguata programmazione del personale, l’incremento dell’offerta formativa, l’adozione di misure volte a restituire attrattività al lavoro nel Ssn in termini di riconoscimento sociale ed economico".

Altro nodo che dovrà essere affrontato è quello che riguarda il coinvolgimento dei medici di medicina generale (Mmg) nell’attuazione della riforma. Questo richiederebbe una chiara regolazione delle forme e dei modi della partecipazione alle varie strutture e una revisione dei percorsi formativi per rafforzarli e adeguarli alla nuova impostazione delle cure primarie sul territorio.

"L’ipotesi di trasformare i medici di base da liberi professionisti convenzionati in dipendenti del Ssn al momento sembra essere stata accantonata. L’Atto di indirizzo per la convenzione con i Mmg 2019-21 enfatizza il ruolo delle aggregazioni dei medici di base più di quello delle Case della comunità e si limita a presupporre che la riorganizzazione emersa dai precedenti accordi sia già coerente con le previsioni del Pnrr e adattabile al nuovo Regolamento contenente gli standard dell’assistenza territoriale (DM 77/2022). Il ritardo nella contrattazione nazionale – la convenzione oggi in discussione è riferita a un periodo ormai scaduto – finisce per essere causa ed effetto delle difficoltà a introdurre, e finanziare, innovazioni più rilevanti, pure necessarie nell’ottica della riforma".

E ancora, si sottolinea come il nuovo Regolamento dell’assistenza sanitaria territoriale rappresenti lo strumento per assicurare standard uniformi su tutto il territorio nazionale, ma le innovazioni istituzionali dovranno essere calate nei singoli modelli regionali. Il DM 77/2022, nella cui versione finale la parte prescrittiva è stata meglio individuata, ma anche delimitata,

"lascia aperte molte soluzioni, anche riguardo al ruolo del mercato privato, che potrà trovare spazi di espansione piuttosto ampi a seconda delle scelte attuative delle Regioni. A maggiore ragione, per assicurare priorità alla funzione di programmazione, mantenendo da un lato il controllo sulla spesa e dall’altro lato l’impegno per l’appropriatezza e l’equità nell’erogazione delle prestazioni, appare rilevante il ruolo che assumerà il Distretto, enfatizzato nella parte descrittiva del Regolamento e rafforzato da recenti provvedimenti", dichiara l'upB.

Viene infine osservato che alcuni aspetti importanti della riforma, quali ad esempio il meccanismo di integrazione con i servizi sociali gestiti dagli ambiti territoriali sociali (Ats), il cui personale dovrà essere presente nelle Case della comunità, e tra il Sistema nazionale prevenzione salute dai rischi ambientali e climatici, istituito con il DL 36/2022, e il Sistema di protezione dell’ambiente sono ancora in fase di definizione.

"Quest’ultimo aspetto rileva anche in considerazione della recente riforma costituzionale, che introduce la tutela dell’ambiente e prevede limiti all’attività economica privata in relazione allo stesso ambiente e alla salute".


fonte: Quotidiano Sanità