Circa 80.000 persone lunedì hanno manifestato nei pressi della Knesset durante lo sciopero di protesta, proclamato in tutto Israele, contro il piano di riforma della Giustizia del governo Netanyahu. Secondo gli organizzatori il numero di coloro che si sono dati appuntamento a Gerusalemme non era inferiore a 100.000.

Migliaia le persone sono scese in piazza anche a Tel Aviv, compresi molti studenti, bloccando per diverse ore le principali arterie della città. 

Il leader dell'opposizione Yair Lapid si è rivolto ai manifestanti a Gerusalemme, molti dei quali sventolavano bandiere israeliane, e ha promesso che "non rimarremo in silenzio mentre distruggono tutto ciò che è prezioso e sacro per noi".

Anche Benny Gantz ha arringato la piazza dichiarando che "non lasceremo che la società crolli dall'interno", accusando Netanyahu della sua distruzione.

"Voglio dirtelo, Netanyahu. Non sei l'intera nazione e metti in pericolo la nazione, ha detto Gantz.

Anche il leader laburista Merav Michaeli ha ribadito la sua opposizione ai negoziati con la coalizione sulle loro proposte di riforma della Giustizia. 

Da parte delle opposizioni, non si spera in alcun ripensamento della maggioranza alla Knesset, confidando che la riforma potrà essere bloccata solo dall'interevento della Corte Suprema.

Tra i manifestanti c'era anche l'ex direttore del Mossad Tamir Pardo, che ha affermato di temere che il piano di revisione della Giustizia del governo possa trasformare Israele in "un paese in cui non vorrei vivere".

Pur aggiungendo che non lascerà Israele né incoraggerà altri a farlo, Pardo ha detto che pensa che il vasto pacchetto di riforme sposterebbe Israele verso la "dittatura". "Stiamo tradendo i nostri valori fondamentali" ha detto Pardo.

Le proteste odierne hanno coinciso con l'inizio dell'iter parlamentare della riforma e le prime votazioni espresse in commissione, durante una sessione definita dai media burrascosa.

Anche il presidente Isaac Herzog si è - irritualmente - occupato della questione invitando le parti ad un compromesso da lui riassunto in un piano di cinque punti, dichiarando in tv di esser preoccupato che il Paese possa essere sull'orlo di un "collasso sociale e costituzionale", esortando i sostenitori di entrambe le parti ad astenersi da manifestazioni di violenza.

La riforma della Giustizia presentata dal ministro Yariv Levin e sostenuta da Netanyahu, garantirebbe al governo il controllo totale sulla nomina dei giudici, inclusi quelli dell'Alta Corte e limiterebbe fortemente le prerogative dell'Alta Corte di intervenire sulle leggi approvate dal Parlamento.


Nonostante tutto, continua senza tregua la politica di apartheid dello Stato ebraico che ha deciso di aumentare il numero di insediamenti in Cisgiordania, mentre prosegue a distruggere le abitazioni dei palestinesi e a ucciderne la popolazione in raid sempre più frequenti... oltre a bombardare Gaza con artiglieria e attacchi aerei... sotto lo sguardo distratto dello stesso democraticissimo occidente che si commuove per l'Ucraina urlando Slava Ukraini e "suggerisce" all'invasore israeliano di usare prudenza nel sistematico genocidio del popolo palestinese in atto oramai da decenni.