Sul Corriere della Sera di venerdì 19 marzo 2010 - all'albore dello scoppiare del caso della pedofilia dei preti - Sergio Romano scriveva:

“Il fenomeno della pedofilia, con qualche occasionale impennata  è tutto sommato costante ed il maggior numero dei casi denunciati non dipenderebbe dunque da una maggiore immoralità del personale ecclesiastico ma dal mutamento dello statuto della vittima!In passato abitualmente la vittima taceva. Esitava a parlare di episodi in cui qualcuno avrebbe potuto sospettare la sua complicità.Non voleva essere macchiata dal ricordo di una vicenda che molti avrebbero considerato infamante.La situazione accenna a cambiare nel momento in cui la persona offesa si accorge che lo “statuto della vittima” è stato emancipato e per certi aspetti nobilitato.Anziché essere guardata con un misto di compassione e sospetto con cui si guarda un appestato, la persona offesa diventa l’ eroe di una sacrosanta battaglia contro la tirannia del clero e, naturalmente di tutti i pedofili di qualunque appartenenza.La Chiesa ha ora l’obbligo di dare una risposta convincente alla maggiore sensibilità dell’opinione pubblica. Per troppo tempo ha pensato che il miglior modo per s’affrontare il problema fosse quello di nasconderlo sotto il tappeto”.

Capito?

Se le vittime non avessero mutato atteggiamento e non si fossero messe a raccontare, oggi ci potremmo tranquillamente dimenticare il mea culpa della chiesa e le scuse papali. Tutto sarebbe continuato a passare sotto il solito silenzio.

Pertanto, Ratzinger non è stato quello che per primo ha combattuto la pedofilia ecclesiastica in una presa di coscienza che così non si poteva continuare, è stato "costretto" ad affrontare il problema in  quanto era diventato finalmente impossibile continuare a "nascondere la sporcizia sotto il tappeto"!