Nella conferenza di Berlino sulla Libia, che si è tenuta domenica presso la Cancelleria della Repubblica Federale di Germania, l'unico risultato concreto raggiunto è, nel caso venga rispettata, il sì alla tregua, l'unico dei sette punti dell'accordo sottoscritto da al Sarraj e Haftar che possa concretamente avere un riscontro.

Il resto del testo è un elenco di ipocrisie, le stesse - va riconosciuto - che in occasioni simili caratterizzano le dichiarazioni della diplomazia e che vengono rivendute dai promotori dell'evento come un grande successo, in questo caso dalla cancelliera Merkel e dal rappresentante delle Nazioni Unite Ghassan Salamé.

In realtà, l'accordo tra le due fazioni contendenti è stato ottenuto con la cancelliera tedesca che ha fatto la spola tra al Sarraj e Haftar, presenti sì a Berlino ma chiusi in stanze separate senza partecipare direttamente ai lavori, ma tenuti aggiornati su quanto stava accadendo. I due non si sono incontrati e non si sono stretti la mano.

Su queste basi, che cosa possa significare l'embargo alla vendita di armi in Libia e lo stop al supporto diretto da parte di nazioni estere alle due fazioni in guerra è difficile da capire. Infatti, sia la Russia che la Turchia hanno propri mercenari con cui possono sostenere, anche con il supporto di armi, sia il governo di Tripoli che le milizie della Cirenaica.

Ma la conferenza deve essere definita un successo e così sia, anche se ancora non è stato definito come e chi debba mantenere la tregua. 

Nel documento finale, tanto per confermare l'ipocrisia di cui sopra, si è pure dichiarato che in futuro la Libia dovrà essere rappresentata da un unico governo. E, casualmente, nella bozza finale è stato inserito pure un passaggio in cui si esortano le parti libiche a fermare tutte le ostilità contro le strutture petrolifere del Paese! 

A chi potessero interessare, queste le dichiarazioni del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e del ministro degli Esteri, Luigi di Maio, alla fine della conferenza.