Uno dei problemi della società moderna riguarda le “regole della conversazione”, come descritte dall’ottimo scrittore Phillip Lopate in “I segreti di Manhattan”. Si è fatta strada la diseducazione al dialogo, all’interazione, imperversano le beceraggini fatte passare come una figata, mentre in bocca al disadorno argomentatore da due soldi restano reiette e insultanti per l’umanesimo: e se lo fai notare, ti danno del gesuita. Resta il fatto che non tutti si chiamano Giorgio Manganelli e sono in grado di scrivere una “ Sconclusione” qualsiasi: ma il gruppo 63, notoriamente, considerava “Liale” anche Dante e Manzoni.
Quando si affronta un argomento finisce spesso che il contraddittorio, nobilissima arte, degeneri rapidamente in una insalatona indigesta da reality, con lo scopo, regolarmente raggiunto, di confondere le idee a chi ascolta e fargli scaricare i neuroni in basso, come legge della fisica vuole. Menti raffinatissime lavorano ai pozzi neri, in modo che non se ne senta il fetore e ci si illuda di assistere a una satira irriverente e a dibattiti democratici.
Il nostro pistolotto sta per degenerare a sua volta, pertanto veniamo al punto: il feticcio cosiddetto “Mostro di Firenze”, cosa è diventato, nel tempo, come si è trasformato? Non è esso forse una sentina in cui ogni abiezione trova il suo posto, soddisfacendo i più bassi istinti? Con gli interrogativi ci fermiamo, perché non potremmo mai emulare Oriana Fallaci, che ne fu maestra. Tuttavia non possiamo tacere del nostro sgomento, alla ripresa di interesse per la faccenda, che sembra essersi risvegliato, forse dopo un trauma Covid che lo aveva rallentato: fioriscono video in rete, con like a manetta, pieni del vuoto assoluto, si perdoni l’ossimoro.
Tra le tante teorie che si sono infilate negli interstizi della storia ce n’è una, sussurrata, che fa riferimento ai comportamenti delle coppie uccise. E’ bene tener fermo, per chi approcciasse la prima volta o poco ne sa, che i 16 caduti sono accomunati solo dall’arma, ritenuta la medesima per via dei bossoli ritrovati (teoria contestata, anche se non ve lo dirà nessuno). Gli sfregi sul corpo femminile non sempre sono avvenuti e in un’occasione si trattava di due maschi.
21 agosto 1968. Com’è noto, diffidiamo dell’accostamento, ai successivi, di questo crimine, schedato come la prima performance mostruosa, ma in questa sede, per comodità, lo associamo, come fanno quasi tutti. Non sottoscriviamo le illazioni: trasferiamo informazioni acquisite e non riscontrate, appoggiate a labili indizi, ma pure esistenti e da registrare. Non si tratta di versioni romantiche.
Orbene, in base a tali vulgate, Barbara Locci, al momento della morte 32 anni, è una prostituta; il suo partner, Antonio Lo Bianco, un cliente povero in canna con famiglia a carico, che ambisce a diventarne sfruttatore, visto che lei si fa scucire facilmente i modesti guadagni e si è anche appropriata di un risarcimento altrui: il delitto sarebbe maturato in ambito di lotta convulsa per la primazia nell’attività di macrò della povera donna, una sarda emigrata in Toscana, con un marito di paglia e un bambino che dicono dormisse sul sedile posteriore, mentre i due davanti venivano crivellati. Poiché l’infante, Natalino, oggi sessantenne, ha sempre dichiarato di non ricordare quasi nulla, e vista la quantità di detriti interpretativi accumulatisi nel tempo, può essere che non sia vero pressoché niente, a parte la morte dei due adulti.
14 settembre 1974, Borgo San Lorenzo, frazione di Rabatta, nel Mugello: è il turno dei nemmeno ventenni Stefania Pettini e Pasquale Gentilcore. Secondo alcuni, il ragazzo frequenta maghi e spiritisti, mentre Stefania avrebbe un altro ammiratore, da lei non tenuto a distanza. In pratica, si allude alla vicinanza del giovane ad ambienti occulti, ove lei, indotta dal fidanzato a frequentarli, avrebbe potuto conoscere qualche signore che amava saltabeccare in situazioni strane.
E’ rimasta illesa, non dal killer purtroppo, ma dagli attacchi “spam” dei complottisti, la coppia formata da Carmela De Nuccio e Giovanni Foggi, massacrata il 6 giugno 1981 a Scandicci – ricordiamo che nei primi anni gli iconoclasti toscani parlavano di “Cicci il mostro di Scandicci” e fu il giornalista Mario Spezi, dalle colonne de La Nazione, a introdurre la storica e definitiva denominazione con cui lo conosciamo. Peraltro, la influencer Gabriella Carlizzi, così possiamo chiamarla visto il seguito che trovò anche tra gli investigatori (è scomparsa nel 2010, “adducendo” sospetti di avvelenamento ai propri danni) arrivò a dichiarare che su questo delitto era stata stesa una coltre di omertà, in quanto Carmela sarebbe stata sorella di un agente della DIGOS, e guarda caso i cadaveri erano stati ufficialmente trovati da un poliziotto.
Meno bene è andata ai successivi due caduti sul campo, Susanna Cambi e Stefano Baldi, assassinati nelle campagne di Calenzano il 22 ottobre 1981. La bellissima Susanna, unica fiorentina in cronaca, sempre secondo ricercatori indipendenti e forse fantasiosi, avrebbe bazzicato un hotel di lusso, dove sarebbe stata sfiorata da conoscenze comuni al medico umbro Francesco Narducci, attenzionato da una fazione investigativa, ora lo sappiamo, già appena dopo la sua strana morte l’8 ottobre 1985, ovvero a un mese da quello che rimane l’ultimo delitto attribuito al monster. In più, la ragazza “lamenta” il pressing di un altro spasimante; ci si è messo pure un carabiniere, trovando vicino all’auto un fermaporte di foggia pretesamente esoterica (che tanti guai provocherà al suddetto Spezi) e considerato, per i cospirazionisti, spia di una qualche inclinazione dei due ad attività connesse. I Baldi avevano lavorato nel ramo tessile, dati per contigui all’industriale tedesco/pratese Rolf Reineke, sospettato di organizzare orge sataniche. Aggiungiamoci che, nel 2011, un cugino Baldi verrà coinvolto nelle indagini sulla morte violenta di sua figlia e il fidanzato, il gioco è fatto. Non è mancato nemmeno chi ha voluto vedere nei baffetti di Stefano un aspetto simil magico; poiché poco gli donavano, anzi lo invecchiavano, si è trovata una similitudine con quelli di Salvator Dalì, riesumato nel 2017 su richiesta di una sua sedicente figlia naturale, professione cartomante, intatti a ventotto anni dalla morte. Si ricordò perfino la coppia di Dalì e la moglie Gala, a dir poco aperta ed eccentrica e l’attrazione del pittore per il parco dei mostri di Bomarzo, che aveva visitato, in adorazione della simbologia esoterica, soprattutto l’inquietante Echidna.