È sorprendente, ma anche strampalato, che la signora Meloni non si capaciti, o finga di non capire, che sulla scelta di affidare o no a Raffaele Fitto una vicepresidenza esecutiva nella Commissione Europea, decisione al momento in stand-by, influiscano valutazioni che vanno ben oltre il giudizio sul candidato Fitto o la semplicistica logica del bilancino tra paesi e partiti.

Ed è anche pretestuoso, ed un po’ ipocrita, che la suddetta signora agiti il vessillo tricolore per accusare il PD di nuocere all’Italia, se non appoggerà la candidatura Fitto, quando proprio lei nel 2019, allora a capo dell’opposizione, organizzò un sit-in a Palazzo Chigi contro la candidatura di Paolo Gentiloni a Commissario europeo.

Suvvia! Ogni tanto un po’ di decenza anche da parte della Meloni non farebbe male!

È indiscutibile, infatti, che il nome di Raffaele Fitto sia stato deciso ed indicato dal governo Meloni e non da un voto del Parlamento italiano.

Perciò, a Bruxelles, per la candidatura alla vicepresidenza non è sotto esame il Paese Italia, né lo è Raffaele Fitto, bensì lo è il governo Meloni, con le sue politiche, le sue relazioni, i suoi equilibri interni, e certamente non ultimo il suo feeling europeista.

Ad esempio, pochi mesi fa a luglio, fu la sola Forza Italia (ndr: partito del vicepremier Tajani) a votare con la maggioranza per eleggere Ursula von der Leyen a Presidente della Commissione europea.

La Lega (ndr: partito del vicepremier Salvini) si schierò con i Patrioti europei di Orban e votò contro, e FdI (ndr: partito della premier Meloni) si avvalse dell’astensione che, in Europa, equivale a voto contrario.

Non si è trattato certo di una dimostrazione di governo coeso, confermando al parlamento europeo che uno dei vice di Meloni è sempre più critico ed avverso nei confronti dell’UE e delle sue politiche.

Si dà il caso, però, che proprio Salvini sia in assoluto il vicepremier più determinante nel definirne gli indirizzi e le scelte del governo Meloni.

Un governo che ha dimostrato, in più occasioni, di avere difficoltà a recepire e fare suo il diritto europeo

L’ultimo caso di questi giorni: alla Corte di Giustizia europea è sottoposto l’esame di compatibilità con il diritto europeo del “iter di espulsione automatica” previso dal decreto “paesi sicuri. 

Ma a Bruxelles si presta attenzione anche nel cercare di comprendere e valutare quale sia oggi e potrà essere domani l’atteggiamento del governo italiano nei confronti della nuova amministrazione USA, delle sue politiche e dei suoi rappresentanti.

Così come ai parlamentari europei non sfugge e preoccupa la benevolenza con cui Meloni ed il suo entourage osserva i rigurgiti nazifascisti presenti nel nostro Paese.

Insomma, non è in discussione la persona di Raffaele Fitto, ma il vestito che gli è stato cucito addosso di rappresentante designato dal governo Meloni, sulla cui affidabilità europea, invece, persistono perplessità e scetticismo. 

Spetterà a Ursula von der Laeyen tentare di sgarbugliare questa non semplice situazione con il rischio, se non dovesse riuscirci, di pregiudicare la sua stessa poltrona di Presidente della Commissione.