L’altro libero arbitrio
L’arbitrio. Cioè la scelta, la decisione, se viene da noi stessi. Ma significa anche imposizione, coercizione, se non viene da noi.
Il vocabolario italiano affida allo stesso termine due accezioni, due volti, Dr. Jekyll e Mr. Hyde, due mondi, due filosofie, due politiche che stanno agli antipodi. Due opposte idee di società.
Forse la lingua ci ha voluto così ricordare, monito, che il pendolo che oscilla tra libertà e non libertà nella Storia dell’Umanità ha oscillato spesso con transizioni rapide tra questi due estremi, punti naturali e terminali del moto umano nello spazio delle sue vicende, non così distanti e sparati tra loro. E ci ricorda, la lingua, anche che questi due punti, per dirla come la direbbe un fisico, non sono punti di equilibrio, non si rimane lì senza sforzi: lì ci si ferma solo se vengono spese energie, risorse, per ancorarvici. Se una mano ferma il pendolo prima che torni indietro.
E per una tirannia il mantenimento dello status quo, chiama altra violenza e soprusi perché sia alimentata e non sovvertita; e per una democrazia la sua sopravvivenza chiama altra passione civile, altre battaglie, altre riforme, maggioranze che non dormano, memorie vigili. Chi si pensa arrivato, pronto per il sonno, è inesorabilmente inghiottito dallo scivolo verso lo stadio successivo, suo opposto.
Il pendolo oggi ha lasciato la Democrazia come la intendevamo solo poche settimane fa e si muove nell’ignoto verso un suo opposto.
E’ da notare che se una transizione accade è perché può accadere. E perché questo sia, occorre che la cosiddetta maggioranza silenziosa confidi che è giusto che sia.
La maggioranza, doverosa precisazione, è silenziosa, non quando non scrive sui social, affidandosi ai leoni da tastiera, un po’ come sarei io ora, ma quando non fa sentire la sua opposizione nell’unico modo in cui essa ha preso corpo e sostanza da sempre. Con la protesta di piazza, la disobbedienza o, atto estremo, con le rivoluzioni.
Al netto degli hashtag di twitter o dei filmini su facebook non vi è traccia di tutto questo e dunque la transizione in atto procede indisturbata.
Anzi.
Per un piccolo baco che sta nella mente del homo sapiens sapiens, forse per puntellarne la socialità, vero punto di forza evolutivo della specie, l’Uomo vede nel Capo, durante i passaggi nei quali aumentano paure e incertezze, un riferimento più certo, un porto sicuro oltre le mura del quale ricoverare rapidamente in cerca di pace. Badate, non sono richieste sicurezze concrete, fatte di materia, che chiamano a raccolta fatti, autorevolezza, impegno, professionalità, fatica; bastano le rassicurazioni, cioè parole consolatorie, una pace artificiale, quella di cui un bimbo necessita quando ha paura e nient’altro. Parole spesso vuote.
L’irrazionalità della paura chiama l’irrazionalità della sua consolazione. Simulacro chiama simulacro.
Il libero arbitrio, la scelta libera di tutti gli individui, che si manifesta negli atti di volontà, e che si incarna nelle azioni individuali, oggi è congelato nel freezer della pandemia.
Sostituito dall’altro libero arbitrio, quello del Capo dal volto buono, libero perché senza opposizione, che impone regole paternalistiche, che decide per tutti, e che usa la sua evidenza scientifica pretestuosamente come verità assoluta. Quasi etica. Quel che vi si oppone è per conseguenza immorale, prima che sbagliato.
La verità assoluta non è scienza, come risulta evidente se pensiamo alla potenza logica del metodo induttivo che procede invece per tentativi, fallimenti e nuovi tentativi, che scardina, sposta i limiti, anziché annusare le terga di chi quel limite lo impone. Una regola che non sia oggetto di indagine, di critica, è invece solo arbitrio, appunto. Nel nome dell’emergenza.
Fase II, porterà il pendolo ancora più in là, ancora più lontano da prima, ad inseguire un altro libero arbitrio, duale di quello più celebrato.
Chi sarà positivo ai test sierologici finirà in quarantena, nell’attesa della venuta di un tampone che lo liberi, che non arriverà mai.
Il numero dei nuovi contagi segnerà l’accelerazione o il rallentamento della ripresa e dunque delle nostre prossime disponibilità economiche. Non solo, anche dei nostri futuri confini, dei nostri futuri possibili spostamenti.
Ma il numero dei contagi è funzione del numero dei tamponi che si faranno. Dunque chi sceglierà come, dove, quando, e soprattutto quanto, fare i tamponi avrà il Potere.
Meno tamponi, più controllo, meno dissenso.
Il pendolo sperimenta nuove traiettorie all’epoca del COVID-19.
Spettatori, tutti. Verso il virus più pericoloso.