A coordinare l'indagine per determinare se Alex Schwazer nel 2016 si fosse deliberatamente dopato o se invece sia stato vittima di un complotto è il giudice della Procura di Bolzano Walter Pelino.

L'inchiesta, promossa su denuncia dei diretti interessati, il marciatore Alex Schwazer ed il suo allenatore Sandro Donati, dopo due anni si è incamminata sul binario che consentirà, qualunque sia, di conoscere la verità al riguardo.

Dopo aver ammesso di essersi dopato alla vigilia delle Olimpiadi di Londra del 2012, Alex Schwazer aveva poi ripreso ad allenarsi per la sua specialità, la 50 km. di marcia, con l'aiuto di Sandro Donati, uno che della lotta al doping nello sport ha sempre fatto la sua bandiera.

Riammesso a gareggiare nel 2016, Schwazer partecipa a Roma ad una competizione, la vince e fa il tempo necessario per essere ammesso alle Olimpiadi. Poco tempo dopo arriva la notizia che in un esame effettuato a gennaio l'atleta altoatesino è risultato positivo all'antidoping.

Dopo lo scoramento, Schwazer e Donati passano al contrattacco, denunciando le anomalie che stanno dietro al caso. Prima di tutto il doping. Sostanza e quantità trovate nell'urina del marciatore fanno dire a Donati che o Schwazer è un'idiota oppure è vittima di un complotto. Infatti, il tipo di droga che avrebbe usato e la quantità assunta durante un periodo di allenamento, visto che il test era stato fatto ad inizio anno e non in imminenza di una gara, non avrebbe avuto alcun senso per migliorare le prestazioni dell'atleta sia nell'immediato che in futuro.

Inoltre, il campione dell'urina su cui era stata fatta l'analisi era stato etichettato in modo da risalire facilmente all'atleta. Da regolamento si devono utilizzare solo provette la cui etichettatura non deve dare indicazioni sull'atleta al laboratorio che effettua le analisi.

Nei giorni scorsi, il colonnello Giampietro Lago, comandante dei Ris di Parma incaricato dal Gip di Bolzano, e il legale di Schwazer Gerhard Brandstaetter si sono presentati presso il laboratorio di Colonia per prelevare il campione di urina dell’atleta su cui erano state effettuate le contro analisi. Quella provetta, al tempo, è stata aperta e risigillata davanti al perito di Schwazer, per cui il suo contenuto è garantito.

Quello che però i tedeschi volevano consegnare era una provetta in cui era già stata inserita l'urina di Schwazer. Il colonnello dei Ris si è irrigidito, e ha preteso che venisse consegnato, come disposto dalla magistratura tedesca dopo l’ennesima sollecitazione dall’Italia, il flacone originale sigillato da cui effettuare il prelievo.

L’avvocato della Iaaf presente si era opposto alla richiesta. A quel punto, anche su suggerimento del GIP Pelino chiamato in causa telefonicamente dall'avvocato Brandstaetter, il colonnello del Ris si rifiutava di procedere chiedendo al responsabile del laboratorio di firmare il verbale che ne riassumeva il motivo.

A quel punto, però, il responsabile del laboratorio tedesco, pensando forse che avrebbe per questo avuto delle conseguenze dalla magistratura del suo Paese, cambia idea e nonostante la netta opposizione Iaaf, prende la provetta sigillata e tenuta a -20 gradi, permettendo così che da questa fosse effettuato il prelievo previsto.

Viste tali premesse, come non pensare che Schwazer non sia stato vittima di un complotto?