Black Lives Matter in Israele? Impossibile perché è un Paese razzista e violento
Gli ispettori del dipartimento popolazione e immigrazione si mostrano annoiati e frustrati dopo la fine di una stagione intensa di caccia alle persone. Invece di occuparsi di chi commetta reati, ad oggi si occupano di fare prepotenze contro i richiedenti asilo che si recano nei loro uffici per prolungare i permessi di soggiorno, avendone pieno diritto.
Le foto mostrate la scorsa settimana nel programma Hamakor di Channel 13 non hanno lasciato indifferenti gli spettatori. Le immagini hanno mostrato atti di bullismo criminale, sadico e meschino nei confronti di persone bisognose, da parte di impiegati di basso livello che per un attimo hanno pensato di sentirsi dei re.
I soldati delle forze di difesa israeliane non sono meno annoiati. Perciò, di tanto in tanto, sparano alle gambe dei palestinesi mentre attraversano il confine israeliano per far visita alle famiglie, attraverso le centinaia di passaggi nella barriera di separazione che non sono stati riparati. La scorsa settimana ho visitato il "Terminal Tulkarm", uno dei più grandi attraversamenti di fortuna.
Centinaia di persone, tra cui intere famiglie, ogni giorno attraversano in quel punto la recinzione di confine. Sono spesso disperati che dovrebbero ispirare un senso di compassione in Israele. Ma le forze di difesa scelgono, ogni tanto, di tender loro un'imboscata per poi bastonarle o sparargli alle gambe.
Si tratta di un puro e semplice abuso da parte dell'esercito. Infatti, i passaggi di fortuna continuano a non venir riparati e ad essere lasciati aperti e migliaia di palestinesi disperati continuano a mettersi in pericolo, utilizzandoli. Se avessero cercato di usarli per condurre attacchi in Israele, avrebbero potuto farlo già molto tempo fa. Quindi, sparar loro alle gambe, occasionalmente, non ha nulla a che fare con la sicurezza.
Una stessa motivazione collega quanto fanno gli ispettori dell'immigrazione e quello che accade ai confini di Israele: le vite, i corpi, la dignità, la libertà e le proprietà di coloro che non sono ebrei non hanno alcun valore per Israele. Con loro si può fare ciò che si desidera. Gli africani in cerca di asilo e i palestinesi in cerca di lavoro sono il prodotto più economico disponibile sul mercato. Il loro costo è pari a zero. E così è facile ferirli, nessuno sarà mai punito per questo.
Richiedenti asilo e palestinesi sono persone tra le più indifese in Israele, quindi sono persone tra le più perseguitate.
Sono abusati dalle autorità e dal governo, con il pieno permesso derivante dal male fine a se stesso e dal razzismo istituzionalizzato. Ci si dovrebbe attendere che tutto questo finisca per provocare nella pubblica opinione obiezioni, proteste o dichiarazioni di solidarietà nei confronti delle vittime. Questo non accade.
Sabato era la Giornata internazionale dei rifugiati. Ma in questo Paese, dove la maggior parte della popolazione è composta da rifugiati o da loro discendenti - ebrei, palestinesi e un piccolo gruppo di africani - non viene celebrata ed è persino da dubitare che qualcuno ne abbia sentito parlare.
"Black Lives Matter" è diventato un grido di rabbia in America. In Israele, le vite nere non contano e lo Stato influenzato dalla superpotenza che lo difende non ne riprende però le manifestazioni che più lo caratterizzano in questo momento, come l'ondata di proteste e la solidarietà che adesso lo investono.
In Israele, un Paese non meno discriminatorio, razzista e violento degli Stati Uniti, e che impone una dittatura militare in una parte del suo territorio, non vi è alcuna significativa protesta sul modo in cui vengono trattate le persone più deboli. Gli africani vengono maltrattati e i palestinesi vengono uccisi, e con l'eccezione di alcune organizzazioni e pochi cittadini coraggiosi, la maggioranza degli israeliani applaude o sbadiglia.
Immaginate adesso la distruzione dei simboli di questi mali, dai cartelli negli uffici immigrazione ai cartelli per strada e ai monumenti che esaltano i responsabili dei mali passati dello Stato; immaginate proteste di massa, non da parte di questa o quella categoria di persone per la tutela dei propri interessi, ma da parte della maggioranza della popolazione per conto dei più oppressi. Immaginate folle di israeliani che manifestano per distruggere la barriera di separazione e per concedere la cittadinanza ai richiedenti asilo. Immaginatelo. Sembra una storia di fantascienza.
Quella sopra riportata è la traduzione di un articolo pubblicato il 21 giugno sul quotidiano Haaretz da Gideon Levy dal titolo "Black Lives Matter in Israel? Sounds Like Science Fiction".