La questione è semplice. Approfittando di quanto accade in Siria, l'Iran ha pensato bene di allargare il proprio raggio di influenza nell'area, appoggiando il regime di Bashar al-Assad, non solo a livello politico, ma anche a livello materiale.

Così, la Siria occidentale, da nord a sud, è adesso disseminata di basi che gli iraniani, direttamente o tramite i propri alleati, possono considerare come propri punti di riferimento.

Questo non può certo far piacere alla Turchia, che però adesso è alleata con l'Iran, e ai Paesi arabi, per questioni religiose legate alle divergenze tra sunniti e sciiti.

Ma ad essere preoccupato della presenza iraniana in Siria è soprattutto Israele che ha ingaggiato con Teheran un confronto militare che non promette nulla di buono.

Secondo Israele tutto è iniziato un paio di mesi fa con un drone armato iraniano che sarebbe entrato in territorio israeliano dalle alture del Golan. In risposta, gli israeliani hanno portato degli attacchi su basi iraniane in territorio siriano.

Il più recente una settimana fa, con l'attacco ad una base area nel centro della Siria. In quell'attacco sono state colpite non solo strutture, ma anche dei militari iraniani, la cui presenza nell'area era conosciuta da Tel Aviv.

Che quell'attacco fosse stato condotto da Israele lo avevano reso noto i russi, ma da parte dello Stato ebraico non era arrivata alcuna dichiarazione ufficiale. Ci ha pensato ieri un alto ufficiale israeliano a confermarlo ufficialmente ad un editorialista del New York Times.

Dichiarazione non smentita dal governo di Netanyahu e, pertanto, da credere che sia stata concordata e programmata.

Israele credeva che l'attacco Usa dello scorso fine settimana sarebbe stato un attacco a largo raggio e non dimostrativo, come invece è stato. Infatti, il centro di ricerca di armi chimiche nei pressi di Damasco era già stato colpito un anno fa e non era più operativo.

Tel Aviv pensava che quell'azione militare avrebbe causato nel conflitto in Siria un'escalation cui non avrebbe potuto sottrarsi, avendo così la scusa per colpire tutti gli obbiettivi iraniani già individuati nell'area.

Ciò non è accaduto. Così Israele tenta allora la strada della provocazione. Quanto reso noto dal New York Times va infatti considerato come un'esca nella speranza che gli iraniani reagiscano, dando pertanto motivo ad Israele di avere poi mano libera per sferrare un attacco su larga scala.

Nel frattempo Teheran ha fatto sapere che risponderà all'attacco ordinato da Tel Aviv.