Esteri

Cambridge Analytica, arrivano le scuse di Zuckerberg che però non risolvono il vero problema...

Dopo alcuni giorni di assoluto silenzio, il fondatore e maggior azionista di Facebook, Mark Zuckerberg, ha risposto alle critiche che da ogni parte del mondo lo hanno investito in relazione alla vicenda Cambridge Analytica.

In un lungo post pubblicato sul proprio account, Zuckerberg si scusa per quanto avvenuto e promette a breve dei radicali cambiamenti nell'utilizzo dei dati di Facebook da parte di terzi con nuove regole che tutelino più adeguatamente le informazioni, anche personali, che gli iscritti mettono a disposizione della comunità.

Riassumendone il contenuto, con le sue parole Zuckerberg ci dice che Facebook ha agito in buona fede e della sua buona fede altri si sono approfittati... come dimostrerebbe la mancata cancellazione dei dati raccolti da parte di Cambridge Analytica. Facebook ha agito sempre con buoni fini e quanto accaduto sarà di insegnamento per migliorare il servizio. Insomma, dateci fiducia. Continueremo a fare quel che abbiamo sempre fatto, ma con qualche aggiustamento per tutelare meglio la privacy degli utenti.



Il problema è così risolto? Non tanto. In primo luogo, perché adesso tutti vogliono avere chiarimenti da Zuckerberg riguardo la su attività... dal governo inglese al Parlamento europeo. In secondo luogo, perché Zuckerberg si è ben guardato, e più che giustamente dal suo punto di vista, di trattare l'argomento principale che il caso Cambridge Analytica, seppur indirettamente, ha tirato in ballo.

Qual è? Lo ha indicato il Garante per la Privacy, Antonello Soro, in un'intervista a Sky Tg24: "La dimensione degli utenti su Facebook è così grande da condizionare gli sviluppi dell'umanità. Quando questo potenziale è usato per mandare a un numero elevato di utenti una serie di informazioni selettivamente orientate per poi condizionare i singoli comportamenti, questo passaggio cambia la natura delle democrazie nel mondo e l'allarme deve essere altissimo".

Quanto detto da Soro è stato in parte riassunto anche nella richiesta fatta dall'Agcom a Facebook in merito ai chiarimenti sul caso Cambridge Analytica, "circa l’impiego di data analytics per finalità di comunicazione politica da parte di soggetti terzi."

Richiesta a cui Facebook darà presto una risposta secondo quanto fatto sapere da Stephen Deadman, Deputy Chief Global Privacy Officer di Facebook, all'Ansa: "Siamo fortemente impegnati nel proteggere le informazioni delle persone e accogliamo l'opportunità di rispondere alle domande poste dall'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni".

Ma come già accennato in precedenza, il problema rimane in tutta la sua gravità e riguarda non solo Facebook, ma anche anche altre attività on-line simili a Facebook per dimensioni e coinvolgimento di utenti. Siti come Facebook sono utilizzati da centinaia e centinaia di milioni di utenti (meglio sarebbe dire miliardi) e operano, spesso se non sempre in regime di monopolio, senza alcun controllo da parte di alcuna autorità. Possono fare ciò che vogliono, per qualunque scopo, senza che nessuno ne sia a conoscenza. Finora è stato così... ma è giusto che ciò debba continuare?

Autore Marco Cantone
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