Spread: in attesa di Moody's ... ignorare come ci siamo arrivati è folle
Il Bengodi non poteva durare e - oggi - paghiamo pegno agli economisti che ipotizzavano che tassi a zero e inflazione al minimo fossero un secular trend, un fenomeno economico permanente della nostra epoca.
In base a questa teoria, i nostri governanti nazionali e regionali ci hanno portato a credere che i prestiti fossero senza interessi, che le banche centrali finanziano i titoli di Stato, che l'Europa redistribuisce risorse a fondo perduto.
Non è andata così: gli interessi crescono, le banche centrali sono in affanno, l'Unione chiede conto dei soldi che eroga.
In altre parole, la Banca centrale europea ha rialzato gli interessi una mezza dozzina di volte da quando governa Giorgia Meloni.
Andando allo Spread, c'è che in due anni il tasso di interesse per le obbligazioni con scadenza di dieci anni è balzato dallo 0,75% all’attuale 4,78%.
Intanto, 24 mesi dopo, possiamo consolidare il lascito dei due Governi Conte (leggasi RdC e Superbonus) che a luglio consisteva in 2.859 miliardi di euro di debito pubblico, cioè uno dei maggiori del pianeta.
Il costo medio all’emissione dei titoli di Stato è arrivato al 3,55% con picchi al 4,74%, mentre era allo 0,10% del 2021.
In altre parole, un Btp a 50 anni emesso nel 2021 che scade il primo marzo del 2072, per ogni milione di euro ottenuto in prestito avrebbe pagato:
- 1.000 euro di interessi all'anno fino alla scadenza, cioè 50mila euro totali in 50 anni, quando speranzosamente venne emesso per finanziare il Reddito di Cittadinanza
- 35mila euro di interessi all’anno fino alla scadenza, cioè 1,75 milioni totali in 50 anni, ... e sempre sperando che gli interessi non salgano ancora.
L’anno scorso l’Italia ha speso per gli interessi sul debito pubblico 83 miliardi di euro che potrebbero salire a 100 miliardi nel 2024.
Intanto, ridurre la pressione fiscale finanziandola a debito rischia di essere un costoso rinvio: il vantaggio in busta paga arriva subito, ma il potere d'acquisto e l'accantonamento pensionistico andranno a picco se non c'è anche una crescita reale e duratura.
Per questi motivi, gli operatori temono la scadenza del17 novembre, quando una ulteriore bocciatura di Moody’s sulla massa del debito pubblico accumulato dall'Italia potrebbe portare il nostro rating a «Baa3», cioè «spazzatura», aumentando ulteriormente il costo degli interessi sul debito.
Scrive l'Avvenire che l’Italia deve sforzarsi di ridurre il peso del debito pubblico non solo per i fattori di mercato esterni, ma soprattutto "per avere denaro da destinare a obiettivi più utili" che pagare interessi e/o elargire sussidi a fondo perduto.
"Rimuginare sul passato è inutile, ignorarlo però è folle."