L'estate è periodo di vacanze anche per i medici italiani, ma nelle strutture ospedaliere del Paese, non è raro vedere i professionisti impegnati a rimboccarsi le maniche per garantire l'assistenza ai pazienti, un impegno extra diventa necessario per colmare le carenze di personale, che diventano insostenibili tra giugno e settembre, quando circa un terzo dei medici va in ferie.

Per far fronte a questa situazione, molti medici si adoperano per coprire i turni notturni, e addirittura il 56,8% rinuncia ai riposi settimanali. Nonostante gli sforzi, le attività ambulatoriali subiscono una diminuzione nel 52,7% dei casi, e in alcuni ospedali addirittura vengono chiuse completamente nel 15,1% dei casi. Complessivamente, la qualità dell'assistenza sanitaria risulta compromessa in modo significativo nel 56% delle situazioni.

La Federazione dei medici internisti ospedalieri (Fadoi) ha condotto un'indagine su 206 Unità operative ospedaliere di medicina interna distribuite in tutto il territorio italiano, fornendo un quadro della situazione ospedaliera durante il periodo estivo, quando le ferie creano vuoti critici nella dotazione di personale. Questa problematica riguarda anche molti dipartimenti di altre specialità mediche.

Il Presidente di Fadoi, Francesco Dentali, sottolinea che le carenze di personale diventano ancora più gravi durante l'estate poiché i reparti di medicina interna sono ancora erroneamente classificati come a "bassa intensità di cura", non riflettendo la complessità dei pazienti anziani e con molteplici patologie trattati in tali unità. Questa classificazione obsoleta porta già di per sé a una minor dotazione di tecnologie, medici e infermieri per posto letto, e diventa problematica nel periodo estivo quando anche il personale ha bisogno di riposo.

Secondo l'indagine condotta da Fadoi, tra giugno e settembre oltre il 91% dei medici usufruisce dei 15 giorni di ferie garantiti dal contratto nazionale di lavoro. Ciò comporta una riduzione del personale in reparto che varia dal 21% al 30% nel 48% dei casi, dal 30% al 50% nel 19,4% dei reparti e tra l'11% e il 20% in un altro 21,8% dei casi.

Per i medici che rimangono al lavoro, il volume di lavoro aumenta nel 42,7% dei casi, incidendo "abbastanza" sull'assistenza offerta ai cittadini nel 51% dei nosocomi, "molto" in un altro 15,5%, "poco" nel 21,2% dei reparti e "per nulla" solo nel 6,3%.

Le attività ambulatoriali ne risentono in particolare, diminuendo nel 52,7% dei casi e chiudendo completamente in un altro 15,1% degli ospedali. Solo il 14,1% dei reparti riesce a mantenere invariati il numero e i tempi delle attività negli ambulatori, mentre un altro 18% delle strutture riesce a riorganizzarle nei tempi ma senza cambiamenti nel numero di prestazioni.

Nonostante la riduzione delle attività estive, gli ospedali non chiudono grazie ai sacrifici dei medici che cercano di coprire la carenza di personale, che è già cronica. Pertanto, il 56,8% dei medici vede saltare i riposi settimanali tra giugno e settembre, periodo in cui avviene la maggior parte delle ferie.

Nello stesso periodo, il 44,7% dei medici è costretto a coprire i turni notturni con attività aggiuntive, mentre il 28% è chiamato a garantire anche i turni in pronto soccorso (solo il 4,4% durante l'estate), lavorando dalle 12 alle 60 ore a settimana nel 56,1% degli ospedali, e oltre 90 ore nel 10,5% dei casi. Questo influisce negativamente sull'attività delle medicine interne, che già soffrono di una carenza di personale rispetto alla complessità dei pazienti trattati, perdendo ulteriori risorse umane, trasferite temporaneamente ai pronto soccorso.

In conclusione, il periodo estivo rappresenta una sfida per l'assistenza sanitaria in Italia, ma i medici continuano a lavorare con dedizione per garantire il miglior supporto possibile ai pazienti, nonostante le difficoltà legate alle ferie e alle carenze di personale.