Andrà in scena questa sera una nuova puntata sull'appassionante vicenda Brexit, che ormai ha assunto l'aspetto di un problema matematico che sta alla base di un paradosso e che per questo è apparentemente irrisolvibile.

Ieri, Theresa May ha portato a casa una nuova sconfitta personale. Infatti, non che l'esito del voto per una Brexit legata comunque ad un accordo con l'Ue fosse in dubbio, ma la mozione che obbliga l'esecutivo a questa decisione è quella presentata dalle opposizioni e non quella presentata dal Governo.

Mentre la mozione auspicata dalla May avrebbe lasciato spazio a interpretazioni e valutazioni non così perentorie, la mozione approvata ieri dal Parlamento non lascia margini di manovra: se Brexit sarà, questa potrà avvenire esclusivamente con un accordo che ne regoli i vari aspetti.

I mercati e la valuta britannica hanno risentito in positivo della decisione.

Adesso il Parlamento è chiamato a scegliere se rimandare o meno la data di scadenza della Brexit. Un problema che si accavalla a quello delle elezioni europee. Se l'estensione chiesta dal Regno Unito fosse di molti mesi, è impossibile pensare che i britannici non siano chiamati a votare.

Una eventualità che Bruxelles non sembra però voler prendere in considerazione. Quindi, si presume che il ritardo che la Gran Bretagna potrà ottenere dall'Europa non andrà oltre la data dell'insediamento del nuovo Parlamento europeo, cioè entro la fine di giugno.

Ma la May, anche in base alle dichiarazioni rilasciate ieri alla Camera dei Comuni, non intenderebbe prolungare affatto, o comunque non di molto, la data di scadenza della Brexit, perché spera ancora di far passare il suo accordo con Bruxelles, tanto da volerlo sottoporre nuovamente al voto, agitando di fronte ai "brexiter" lo spettro di ulteriori ritardi che potrebbero azzerare l'intero processo di uscita dalla Ue e magari costringerla a indire un nuovo referendum.

Così, ad esempio, Arlene Foster, leader del Partito democratico unionista nordirlandese (DUP) che sostiene il Governo della May ma che finora ha votato contro la sua proposta di accordo, ha detto che sta lavorando con il Governo per cercare un'intesa.

In ogni caso, non bisogna dimenticare che sia l'eventuale ritardo della scadenza fissata al 29 marzo, che qualsiasi modifica all'accordo già firmato dalla May dovranno comunque ricevere il placet di tutti i 27 Paesi membri del Consiglio europeo. E questo non è affatto scontato anche se, va detto, che è anche nell'interesse dell'Europa trovare un accordo con la Gran Bretagna.