di Lucia De Sanctis

"In ogni guerra, sia quando comincia che alla fine delle ostilità, le armi diventano un affare per le organizzazioni mafiose e per i trafficanti d’armi. Si apre un mercato nero e soprattutto a guerra terminata le armi sono svendute a prezzi da outlet e i possibili acquirenti saranno senza dubbio terroristi e mafiosi provenienti da ogni parte del mondo". 
Così ha esordito Vincenzo Musacchio in un'intervista a tutto campo del giornalista   Valerio Palombaro sull'Osservatore Romano.

"Sono proprio quelle armi vendute regolarmente che poi finiscono nel mercato nero. Saranno coinvolte in questo affare tutte le mafie che operano a livello internazionale poiché sappiamo bene che in tempo di guerra non solo continuano a lucrare ma sanno sfruttare la situazione per ottenere il massimo profitto possibile essendo tra loro interconnesse. Oggi, col conflitto russo-ucraino in corso alle porte dell’Europa, la ‘ndrangheta, ad esempio, può intervenire in diversi settori non solo in quello delle armi. Lo fece già nel conflitto della ex Jugoslavia rifornendosi e rivendendo quelle armi ad altre organizzazioni criminali". "Sono indispensabili accordi di cooperazione giudiziaria e di polizia tra i vari Stati a livello internazionale, poiché l’inesistenza di confini nazionali per le merci e le persone in Europa spesso avvantaggia i trafficanti di armi e gli intermediari che fanno acquisti per Paesi con meno restrizioni. Le singole legislazioni nazionali spesso limitano la portata e l'azione delle forze dell'ordine, mentre l’attuale cooperazione internazionale richiede tempo e soprattutto Nazioni disponibili a legiferare in maniera condivisa con tutti gli Stati coinvolti nel traffico d’armi". 


Vincenzo Musacchio, criminologo forense, giurista, associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies (RIACS) di Newark (USA). È ricercatore indipendente e membro dell’Alta Scuola di Studi Strategici sulla Criminalità Organizzata del Royal United Services Institute di Londra.