MARCO AGOSTINELLI - L’immagine dell’immaginazione creativa
Quarantime. Tempo di Quarantena. Tempo di Quarantena a Venezia
Venezia era ferma nel silenzio. Immobile e senza voce dichiarava la sua entità come forma pura, come città-luogo nata per esalazione dalle acque, generata per partogenesi acquatica. Una città reale, esistente, ma che non apparteneva all’uomo. Una città che l’uomo poteva solo guardare.
L’acqua, che per la città è come il liquor per il tessuto cerebrale, appariva liscia, vetrosa. Immota. Una lastra specchiante che separava “la città di sopra dalla città di sotto”. La città orizzontale, quella visibile, dalla città verticale, quella sommersa dal tempo e dalle acque. L’acqua come limen, come limite mobile, come soglia. L’acqua come custode di respiri. L’acqua come deposito di memorie. La città si-fletteva e rifletteva unendo l’Alto con il Basso e sembrava offrirsi come luogo che attende una visione del futuro, una ”mitologia del futuro”.
Si offriva, nel silenzio, come teatro dell’attesa.
Febbraio, Marzo 2020
Primavera del germinale anno 2020, Marco Agostinelli, l’antico artista contemporaneo, si rifugia nel suo laboratorio alchemico per dar vita, in questo tempo pandemico, a otto video che racchiudono l’energia della sua immaginazione creativa.
Otto video per una pandemia: fosfeni, brevi isole visive fluttuano in un’opera onnicomprensiva nella quale Agostinelli fa pittura e scultura con il video ... componendo, con leggerezza pensosa, una suite visivo-sonora che unisce il Visibile all’Invisibile.
Magical Venice. Dancing in the Lime
Venezia: la città è negata agli uomini. E’ svuotata, silenziosa e intemporale. Inaccessibile. E Marco con un gesto di avventurosa generosità artistica la ridona a tutti noi, ne fa dono a tutti, offrendocela come palcoscenico ideale per una danza apotropaica. Come un amanuense cibernetico dipinge la città di bianco, la rende immune da qualsiasi virus intonacandola con la calce; la rende “sacra”. Sacra nel senso etimologico di “inviolabile”. E su questa città divenuta luogo sacro fa apparire una figura mitica che racchiude in sé sia il genius loci che Tersicore, la musa della mitologia greca protettrice della danza. Una figura lieve che sorvola Venezia con grazia e ironia. Una creatura fatta di aria. Un Ariel che, con la sua danza, libera la città da ogni timore, da ogni paura e ce la restituisce pura, incontaminata.
...La Dissolvenza. Il corpo, il tempo, i luoghi tutto si dissolve e nel dissolversi si ri-sana. In un gioioso processo di liberazione il corpo si dissolve nella danza. Perde il suo peso, il suo pondus e così facendo si purifica, diviene immaginazione e quindi immagine. Un’immagine mutante che si crea davanti ai nostri occhi e ... si diverte a diventare bassorilievo. Un bassorilievo canoviano in movimento.
Il tempo si dissolve nella musica. L’artista infatti, da demiurgo munifico, ci regala quello che, in questi tempi dis-graziati, sommamente desideriamo: il tempo della Grazia. Un tempo leggero come un minuetto. Il tempo di Grazia che offre grazia. Il Kairòs, il tempo opportuno, il tempo delle opportunità e ci invita a cogliere questo tempo come fosse un’occasione
per ri-fiorire, per aprirci a vivere il tempo gentile della fioritura.
I luoghi, quei luoghi che ci sono proibiti in tempo di quarantena, dissolvono la loro funzione simbolica e si trasformano: diventano spazi. Il cielo e l’acqua, Piazza San Marco e la Basilica, Palazzo Ducale, i rii, i ponti, la Basilica della Salute da luoghi topici diventano spazi organici, spazi metamorfici. Spazi che generano altri spazi. Diventano spazi per danzare, per muoversi, per librarsi felici. Diventano lo spazio della libertà, lo spazio della festa, lo spazio del coesistere, lo spazio del lusus, del gioco, del silenzio, dell’arcano, dell’utopia.
Diventano lo spazio dell’Arte.
Women look at us
Marzo 2020.
Trentatrè ritratti di donna. Pisanello, Rogier Van der Weyden, Alessio Baldovinetti, Leonardo, Domenico Ghirlandaio, Raffaello, Tiziano ... Lucas Cranach, Lorenzo Lotto, Agnolo Bronzino, Hans Holbein, Francois Clouet, Alonso Sanchez Coello ... e ancora Leonardo.
Ginevra d’Este ... Francesca Galli, La Dama con l’ermellino, Giovanna Tornabuoni, La Muta, La Donna Velata, Violante, Flora ... Anna di Cleves ... Eleonora di Toledo ... Bia de’ Medici, Elisabetta d’Austria, L’Infanta Catarina, Gioconda.
Alcune delle donne che Marco Agostinelli trae e ri-trae mettendo magistralmente in scena una narrazione visiva che rappresenta l’Umanesimo del Femminile. Il femminile nell’arte della Rinascenza che osserva e ci osserva. Uno sguardo che viene dal passato e ci illumina sulla lentezza con la quale si può guardare e quindi vivere. Uno sguardo lontano per uscire dalla cronaca del presente e diversa-mente vedere.
L’Occhio. Lo Svelamento. La Lentezza. Il Tempo. La Storia. Il Presente e il Futuro.
Agostinelli, da sempre immagato dall’immagine, trasforma l’oculare della macchina da presa in “occhio”, oculus, soglia, ampliamento dello sguardo, apertura verso la conoscenza. Un occhio che tocca e lentamente svela, anzi si prende il tempo di svelare e toccare. E’ quello di Marco uno sguardo tattile, quasi corporeo, carnale. Sfiora i dettagli: gli occhi, le iridi, le labbra, i capelli, le acconciature, i fermagli, le gioie, la tessitura delle sete, accarezza gli incarnati. Come un respiro sale e scende nel profondo. Sprofonda per risalire. L’Alto e il Basso. Respira il tempo. Stabilisce così con l’immagine un rapporto che diviene intimità, che si fa parentale appartenenza. Guardare ed essere guardati... il sottile voyerismo dell’artista e quello dell’osservatore si fondono in un gioco di ambigua complicità. L’immagine appartiene a chi guarda e chi guarda appartiene all’immagine. La lentezza dello sguardo permette di scoprire le cose, di svelarle, di prendere nota, di annotare, di accordare ad-cordum, di portarle al cuore. Noi diventiamo l’immagine e ci osserviamo, ri-flettiamo. Riflettiamo sul nostro stare al mondo: guerre, fame, razzismo, disparità sociale, violenza sulle donne, offese alla natura, pandemie ... ma anche sul mysterium dell’arte e della bellezza.
L’enigmatico sguardo antico di queste donne ci osserva, ci pone domande ma, in egual modo, sembra indicare a noi tutti la via che porta alla bellezza interiore come cammino da compiere, come possibilità di scampo, di fuga in avanti.
Fare vivere in armonia il Bello con il Bene, accordare platonicamente Kalòs kai Agathòs sintonizzare Virtù e Bellezza è questa forse la via per la salvitudo dell’essere ?
The trip of Michelangelo N .2
Lo ingegno senza utilizzo si guasta. (Leonardo)
Il Giudizio Universale di Michelangelo compie 480 anni: il grandioso affresco, iniziato nel maggio del 1536, venne terminato nell’ottobre del 1541 e durante le festività del Natale dello stesso anno il pubblico fu solennemente ammesso a vedere l’opera. Il Giudizio veniva a riempire, come un grande arazzo, la parete dell’altare della Cappella Sistina, in esso le forme tragiche si aggrovigliano a incastro nello spazio senz’ aria “in una maniera”, come scriveva Giorgio Vasari, “fra le difficili e belle, bellissima e difficilissima”.
Michelangelo e Piero della Francesca, due immensi artisti che non potrebbero essere più diversi, sono tra gli antichi affetti, i più cari, a Marco Agostinelli.
Già nel 2000 Agostinelli realizza per l’Expo di Hannover The trip of Michelangelo N.1, un video d’arte concepito con lo spirito visionario di un umbro (Marco nasce a Panicale) innamorato della natura. Si tratta di un viaggio in Westfalia, all’interno della Foresta Nera, un viaggio immersivo, nel quale opere pittoriche e sculture di Michelangelo insieme a lacerti delle opere di Piero si sovraimprimono sui grandiosi alberi mentre i rami diventano gigantesche vene, smisurati vasi sanguigni pregni di una linfa pulsante, vitale ed eterna.
A Piero della Francesca, sommo maestro e sperimentatore nell’arte “di dipingere la prospettiva” dedica tre lamiere zincate: A Piero (2002), che costituiscono un trittico di struggente bellezza. In queste opere Agostinelli, ricordando di essere pittore, resuscita in un ombroso bosco immaginario, visoni sfumate dei dipinti di Piero annegandole nella luce solare di un giallo oro che rammenta quello di antiche icone.
La nostra vita scorre trasmutando .... (Rainer Maria Rilke, Elegie Duinesi)
Nell’aprile del 2020, durante alcune notti trascorse a bruciarsi la mente e gli occhi, il mago, M(arco) Ago(stinelli), ancora una volta, si immerge in una delle sue ossessioni figurative: Il Giudizio Universale di Michelangelo. Ispirato dalle stesse parole del maestro del Giudizio “io dico che la pittura mi pare più tenuta buona, quanto più va verso il rilievo”, compie un rito alchemico di Tras-form-azione. Risucchia golosamente la tavolozza dei colori, diffonde una musica pro-creatrice e impone alle immagini un flusso trasformativo continuo.
Le immagini, ormai rese fluide, si imprimono le une sulle altre, si sovrappongono, si disfano, si compongono e de-compomgono, si de-costruiscono, si costruiscono, si ri-costruiscono. Si trasformano: le immagini pittoriche diventano immagini plastiche; la pittura si trasforma in scultura. Marco de-struttura per ri-strutturare e, nel ristrutturare, ri-crea. Crea nuove forme plastiche, nuovi spazi plastici usando il flusso temporale (Kronos) come attivatore dell’alchimia: usa, quindi, il tempo come reagente alchemico trasformandolo in flusso sonoro. Le immagini, non più bloccate in un tempo senza tempo, diventano creature metemorfiche che scivolano nell’aria e tornano a ripetersi variando in un eterno ritorno. E se il trascorrere delle immagini rammenta le venature fluide dei marmi della Basilica di San Marco, la figura dell’Angelo che reca la corona del martirio, “marmorizzata” come in un bassorilievo, riporta alla grazia incantata delle figure alate negli stucchi di Jacopo Serpotta.
Marco, da archeologo digitale, vive da sempre un ambiguo corpo a corpo con l’immagine: la insegue, la corteggia, la brama, la e-voca, la se-duce e continuamente l’accumula ma, egualmente, vuole congelarla e renderla unica. Pretende di consacrarla nella sua unicità. Molteplicità e Unicità; Impermanenza in continuum e sacralità iconica.
L’immagine dell’immaginazione creativa.
Ecco ... nel silenzio il mouse del M(AGO) si ferma per un istante ... ha forse trovato un immagine che ha l’anima ?
Oltre il digitale, oltre l’utopia. Un’utopia vero-simile.
2020 - Annamaria Orsini