L'accordo lampo tra Sanchez (PSOE) e Iglesias (Podemos) ha colto tutti di sorpresa... persino i principali esponenti dei due partiti. Un incontro quasi segreto, almeno in relazione ai contenuti, quello tra il leader dei socialisti ed il leader di Podemos, che è riuscito a produrre ciò che nei mesi scorsi era sembrato impossibile, tanto che la Spagna era andata di nuovo al voto.

Le elezioni, inoltre, hanno rafforzato la destra, persino quella estremista, ed hanno ridotto anche la rappresentanza parlamentare sia del PSOE che di Unidas Podemos, che ha anche dovuto registrare una mini scissione.

L'accordo di ieri ha di sicuro sancito, come risultato certo, la volontà del PSOE di non vedersi costretta in questa legislatura a far parte di un governo di unità nazionale, optando per un governo di sinistra.

Resta il fatto però che, mentre nella precedente legislatura PSOE e Podemos avevano 165 seggi, in quella attuale ne hanno 10 in meno e la necessità di trovare almeno altri 26 parlamentari che, in un modo o nell'altro (anche ricorrendo all'astensione), possano appoggiare il governo.

Ma a rendere molto difficile qualsiasi progetto di alleanza rimane la questione catalana e l'aspetto non certo irrilevante che molti di quei parlamentari a cui Sanchez dovrebbe rivolgersi in cerca di sostegno  sono stati eletti tra gli indipendentisti catalani.

Pertanto, al di là di abbracci e pacche sulle spalle tra Sanchez e Iglesias quello del nuovo governo della Spagna rimane un rebus irrisolto.