Alla distanza di un anno dal giorno in cui gli USA hanno ricusato l'accordo con l'Iran sul nucleare, il presidente iraniano Hassan Rouhani ha annunciato l'intenzione di rimuovere alcune delle limitazioni al programma nucleare. Non si tratterà di modifiche importanti, perché non comporteranno una violazione del trattato siglato nel 2015 con le maggiori potenze mondiali.

Una delle misure con effetto immediato, ma scarso impatto pratico, sarà l'interruzione della vendita da parte dell'Iran di uranio arricchito ed acqua pesante ad altri paesi.

L'accordo lo consentiva, allo scopo di ridurre le riserve iraniane al di sotto della soglia massima. Paradossalmente le vendite erano già cessate la scorsa settimana a seguito delle sanzioni applicate dal governo americano, che le impedivano.

Ma ci sarà un'escalation. Se entro i prossimi 60 giorni le altre cinque potenze che hanno firmato l'accordo non troveranno un modo per proteggere i settori petrolifero e bancario iraniani dalle sanzioni USA, Rouhani ha minacciato di riprendere l'arricchimento di uranio per la produzione di energia nucleare a scopi civili.

L'accordo sul nucleare iraniano, il cosiddetto JCPOA (Joint Comprehensive Plan of Action) è stato siglato nel 2015 dai cinque paesi con diritto di veto al consiglio generale dell'ONU (USA, Gran Bretagna, Cina, Russia, Francia), oltre alla Germania e alla Ue. Con esso l'Iran accettava di limitare il tanto contestato programma nucleare, in cambio della fine delle sanzioni.

Gli altri firmatari si sono opposti alla decisione di Trump di ricusare l'accordo e hanno cercato, senza successo, di trovare delle scappatoie per attenuare l'impatto delle sanzioni americane, che mirano anche a bloccare le esportazioni iraniane di petrolio per rallentare l'economia del paese.