Il cammino della Georgia verso l’adesione all’Unione Europea fa un passo avanti e due indietro. E non è del tutto colpa di Tbilisi, anzi. Bruxelles sembra infatti non convinto del tutto dell’opportunità di coinvolgere pienamente l’ex Repubblica sovietica del Caucaso affacciata sul Mar Nero.

Ci sono diversi aspetti contraddittori che lasciano i georgiani perplessi. Con il nuovo governo presieduto da Irakli Kobakhidze, entrato in carica l’8 febbraio, si procede verso l’adesione alla UE forti dell’ottenimento dello status di Paese-candidato e della recentissima visita del premier a Bruxelles. Alla buona volontà mostrata da Tbilisi, tuttavia, gli euroburocrati rispondono in modo ambiguo.

Danno ulteriori “compiti a casa”, lodano in modo generico i progressi fatti dalla Georgia e al tempo stesso dicono che deve ancora dimostrare la sua tenuta e i suoi meccanismi democratici e infine posticipano l’accettazione al 2030.

Eppure altri due Paesi ex sovietici come Moldavia e Ucraina, con un’economia disastrata e una democrazia soltanto di nome (soprattutto a Kiev), vengono preferiti e fatti passare avanti. Kobakhidze è irritato proprio con l’Ucraina, i cui politici spingono per aprire un “secondo fronte” contro la Russia proprio in Georgia, ma senza il consenso di Tbilisi. Inoltre il premier non vuole rompere i rapporti commerciali con Mosca e rifiuta di approvare formalmente le sanzioni europee.