Una mortificante inconcludenza ha governato gli ultimi 87 giorni della scena politica.

Nei confronti di noi italiani, dei nostri problemi, delle difficoltà che affrontiamo ogni giorno, quei tizi che abbiamo eletti il 4 marzo manifestano da tre mesi insopportabili atteggiamenti di ostentata e insolente indifferenza.

Non saprei indicare, nel mazzo di questi irresponsabili, a chi competa l’onta del peggiore.

Mi sembra assodato, invece, che tutti, ripeto tutti senza eccezione, si comportino come se non avessero alcuna responsabilità a cui ottemperare, liberi di perseverare nella spregevole caccia a tornaconti personali perché, tanto, nessuno può dire loro nulla e nulla hanno da temere.

Trovo  avvilente, e mi infastidisce che perfino il Capo dello Stato consenta un così spudorato menefreghismo senza assumere iniziative che superino uno stallo rovinoso per il Paese e per noi tutti.

Era parso evidente, infatti, fin dal secondo giro di consultazioni che ogni parrocchietta avrebbe mirato a trarre i maggiori vantaggi da una situazione così ingarbugliata ed indefinibile da provocare la paralisi delle istituzioni.

Probabilmente lo stesso presidente Mattarella, in questi giorni, si deve essere sentito in qualche modo responsabile per essere stato proprio lui, ex giudice della Consulta, a promulgare quella indecente legge elettorale, il Rosatellum, che di certo è tra le cause dello stallo.

Io comune cittadino, anche se zotico e profano, già a metà marzo mi attendevo che il Capo dello Stato proponesse un suo governo neutrale al quale conferire il mandato di rappresentare l’Italia nel fitto calendario di impegni internazionali, ma soprattutto di predisporre la nuova legge elettorale con la quale tornare alle urne nei primi mesi del 2019.

Invece nulla, e così dopo tre mesi il Paese è ancora alla deriva in attesa del miracolo.

Già io non credo ai miracoli, figuriamoci se posso avere fiducia in questa accozzaglia di impudenti ed irresponsabili.

Oggi, ad esempio, ottantaseiesimo giorno di impasse, il presidente Mattarella ha deciso di non formalizzare ancora il governo tecnico di Carlo Cottarelli e dei suoi ministri, e vagheggia sempre di dar vita ad un possibile governo politico che si è rivelato impraticabile in questi tre mesi.

Fatto sta che, mentre i gruppi parlamentari dibattevano sull’uso o meno delle cabine balneari per il prossimo turno elettorale, Luigi Di Maio, confermando una faccia tosta incomparabile, dopo sole 48 ore dalla ridicola minaccia di impeachment, si è cosparso il capo di cenere e si è fatto ricevere da Mattarella.

Una mossa della serie "o la va o la spacca" che Di Maio ha fatto sentendo traballare la sua leadership all’interno del M5S.

Una mossa estrema per verificare con il Colle se esistessero ancora margini per riesumare l'ipotesi di un governo gialloverde.

A Mattarella non è parso vero, ha subito drizzate le orecchie e si è detto pronto a riprendere quel filo spezzato solo quattro giorni prima.

Peccato, però, che l’altro partner di un ipotetico governo gialloverde, Matteo Salvini, disinteressato alla nascita di un governo per il Paese e per gli italiani, avesse già deciso di lasciare Roma per recarsi in Toscana e Liguria a tenere comizi.

Si tratterà, quindi, di attendere il suo rientro a Roma e perciò un nuovo time out richiesto al Quirinale.

Sarà l’ennesima perdita di tempo perché già domenica, appunto quattro giorni fa, Salvini aveva architettato l’incidente Savona proprio per non far nascere il governo gialloverde e gli unici a non averlo capito, ancora oggi, sono Mattarella e Di Maio.

Comunque, gli italiani possono dormire sereni perché, nel frattempo, il Quirinale continua a mantenere a bagnomaria  il governo Cottarelli con i suoi ministri.