"Le Regioni riflettano bene sulle conseguenze per studenti e famiglie. ... Il Governo ha mantenuto gli impegni, i tavoli guidati dai Prefetti hanno prodotto piani operativi in tutte le Province, lavorando sul potenziamento dei trasporti e sullo scaglionamento degli orari di scuole e altre attività. Ognuno faccia la propria parte".

Questa la dichiarazione che la ministra dell'Istruzione, Lucia Azzolina, ha rilasciato all'ANSA  a commento dell'intenzione di alcune Regioni di voler posticipare il rientro in classe per gli studenti delle scuole superiori.

Lunedì, Il Fatto Quotidiano aveva pubblicato un'intervista alla ministra in cui la Azzolina affermava che non era nelle scuole il problema del diffondersi dei contagi.

Di seguito il contenuto:

Ministra Azzolina, il 7 gennaio è previsto il ritorno a scuola degli studenti delle superiori al 50%, ma in queste ore sembra ci sia un ripensamento. E così?
Posso confermare la volontà del governo di riaprire. Avremmo voluto farlo a dicembre, ma abbiamo rimandato su richiesta delle Regioni. Poi avremmo voluto tornare al 75% e invece abbiamo accolto il suggerimento del 50%. Abbiamo collaborato: ora è arrivato il tempo di tonare in classe. La scuola è un servizio pubblico essenziale, non si può continuare a sacrificare i ragazzi né pensare che la didattica a distanza possa sostituire quella in presenza.
Neanche se aumentano i contagi?
Tutte le decisioni richiedono la prudenza che finora ci ha guidati. Continueremo a seguirla. È chiaro però che se in questo momento sale la curva dei contagi non può essere colpa delle scuole superiori, visto che sono chiuse da due mesi.
Scuole chiuse, ma negozi aperti: è stato un sacrificio vano?
Possiamo dire che la scuola ha fatto la sua parte. Se dovessero servire nuove misure di contenimento, ora bisognerebbe cercarle in altri settori.
Le Regioni però si stanno di nuovo opponendo alla riapertura. Sono in affanno?
Sono state loro a chiedere di rientrare al 50% quando anche i Comuni sembravano propendere per il 75. Il 23 dicembre è stata approvata e firmata all'unanimità l'intesa che la chiusura delle superiori fosse da ora in poi l'ultima alternativa. Parliamo di impegni nero su bianco, a partire dal potenziamento del tracciamento nelle scuole. Se si prende un impegno di fronte all'intero governo, mi aspetto che poi sia rispettato.
In queste settimane sono stati coinvolti i prefetti, potenziato il trasporto, previsti scaglionamenti. Siamo quasi alla resa dei conti: se a gennaio si dovesse fallire, di chi sarà la colpa?
Partiamo dal presupposto che si può fare sempre meglio. Intanto, però, è stato fatto di tutto: a settembre e ottobre le scuole erano aperte, la curva dei contagi era salita e c'è stato bisogno di alleggerire il peso sui trasporti quindi siamo andati progressivamente in Dad con gli studenti più grandi. Da allora tutti hanno lavorato: i prefetti si sono impegnati sui territori a gestire i flussi, il loro coinvolgimento è stato fondamentale. Lo stesso vale per il ministero dei Trasporti e per le Regioni, fino a qualche giorno fa. Dunque, la colpa? A questo punto direi che cercare un colpevole non ha senso. Pensare che la responsabilità della scuola appartenga al singolo è sbagliato: la scuola è di tutti. Il Paese tutto deve prendere consapevolezza che per farla andare bene ciascuno di noi deve impegnarsi, anche semplicemente rispettando le regole.
Perché non riaprire il 18 gennaio o ad aprile?
È il solito balletto delle date: ogni volta che sta per arrivare la scadenza stabilita, c'è qualcuno che lancia la palla più lontano, senza ragionevoli motivazioni. E non mi si dica di guardare quello che ruota attorno alla scuola. Con le scuole chiuse gli studenti non stanno a casa h24: tanto vale che stiano a scuola, un luogo protetto e con regole da rispettare.
Alcuni esperti stanno mettendo in guardia sulla circolazione del virus tra gli studenti...
Gli studi sui contagi nelle scuole ci sono, ma escludono che siano determinanti. Il Centro europeo per il controllo delle malattie (Ecdc, ndr) ha detto chiaramente che le riaperture non hanno innescato la seconda ondata.
Mancano però i dati sulle nostre scuole. Il suo ministero li diffondeva, poi ha smesso: perché?
Li abbiamo raccolti anche se non era nostro dovere: ho voluto farlo, volevo il doppio controllo e hanno sopperito alle mancanze delle Asl che erano in affanno. Poi, come è giusto, li abbiamo dati all'Istituto superiore di sanità, quindi al ministero della Salute, perché non abbiamo le competenze per lavorarli. Possono farlo gli scienziati. Continueremo a fare così.
Le Regioni si sono impegnate a dare la precedenza alle scuole nel contact tracing. Fornirà anche informazioni più precise sui contagi?
È uno degli impegni messi nero su bianco. Il valore aggiunto sarà l'emersione di eventuali asintomatici. Nei casi monitorati a settembre e ottobre si è scoperto spesso che il resto della classe attorno a un positivo non si era contagiato.
Si darà precedenza alla scuola anche sui vaccini?
I nonni, il personale sanitario e le persone fragili hanno la precedenza. Salvare vite è prioritario. Poi si passerà al personale scolastico, è già previsto nel piano vaccinale.
Nel governo intanto tira aria di crisi: colpirà anche la scuola?
In questo momento le famiglie e gli studenti hanno bisogno di sicurezze. Al ministero c’è una serie di incombenze, attuali e per il prossimo anno, non possono essere sospese o rimandate. Senza contare che in questo momento ai cittadini serve certezza e la minaccia di una crisi non fa bene a nessuno.