Con Renzi che andrà a fare il solito comizio in Rai, questa volta da Luigi Semprini a Politics, si moltiplicano le precisazioni sulle conseguenze della direzione PD di ieri che in molti hanno definito drammatica, ma che di drammatico nulla ha avuto e poteva avere, considerando poi come si sarebbe e si è svolta, cioè seguendo il solito rituale con Renzi ad aprire e chiudere la riunione e gli altri a fare degli interventi il cui contenuto non aveva una conseguenza concreta nella votazione finale.
I commentatori, che hanno interpretato in un primo passo verso la scissione del partito il No al referendum, sono stati messi in riga da Bersani che nelle dichiarazioni oggi riportate confermano, per l'ennesima volta, che lui dal PD non uscirà mai: «Solo se la Pinotti schiera l'esercito mi si potrà far fuori dal mio partito. Quella è casa mia».
Invece, per quanto riguarda il voto al referendum, Bersani non sembra aver cambiato il suo orientamento per il no, nonostante la concessione di Renzi per una commissione che studi eventuali modifiche alla legge elettorale: «Non è mai esistito e non esiste e non può esistere alcun vincolo di partito sulle riforme costituzionali. Vale per il PD, vale per qualsiasi partito».
In fondo, niente di nuovo, perché Bersani lo aveva scritto già scritto chiaramente sul suo prfilo facebook: «La solita ipocrisia di chi fa finta di non capire. Con l'elezione diretta dei senatori e un radicale cambiamento dell'Italicum, con tutti i suoi limiti, la riforma costituzionale sarebbe potabile. Con la nomina dei senatori e dei deputati e con la democrazia del capo, la riforma è indigeribile. Da sempre, e in tutti i passaggi, questa è stata la mia posizione. Il resto sono chiacchiere o propaganda».
Dato che in questi due anni e mezzo, l'unica cosa che Renzi ha dimostrato di saper mantenere è che quanto lui promesso non sarà sicuramente fatto, è alquanto difficile credere che Bersani, e con lui la minoranza del partito, si possano accontentare solo delle promesse di modifica della legge elettorale per votare Sì al referendum. Senza dimenticare che l'elezione diretta dei senatori rimane un miraggio, oltre che un vero e prorprio rebus.