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Con questo capitolo chiudiamo questa monografia su Costituzione e Lavoro.

Abbiamo scoperto come sia meraviglioso che la nostra Costituzione abbia contemplato il diritto fondamentale alla libertà occupazionale. Ma poi abbiamo visto che, nonostante siano passati quasi ottant’anni, ancora non possiamo esercitare pienamente questo diritto. Non possiamo farlo a causa dei limiti del nostro modello economico capitalista. E non dovrebbero essere i cittadini a limitarsi, ma il modello stesso a cambiare, essere limitato, o affiancato ad alti modelli economici. Perché quello dei cittadini è un diritto fondamentale, mentre l’economia dello Stato è libera. Libera, sì, ma da rendere compatibile con i diritti fondamentali! E ciò non è ancora avvenuto.

Non sarebbe più tempo di tollerare. Poi perché tollerare? Applichiamo quei rimedi che abbiamo già cennato in lavorare domani. Non dimentichiamolo quel capitolo. Specie perché ora parliamo del “lavorare oggi”, e sarà ancora più difficile da digerire. Serviranno ulteriori rimedi da applicare. Sebbene, purtroppo, scopriremo anche che sono molti i cittadini che proveranno ugualmente a digerire questi altri bocconi amari; e anziché raccordarsi con la realtà ed elaborare il lutto realizzeranno ancora mondi di fantasia alimentati a maalox.

La (ri)scoperta della libertà occupazionale ci apparirà come un’utopia osservando come ogni altro Diritto Costituzionale connesso, specie all’odierno lavoro salariato, sia oggi saltato o si appresta a saltare, lasciando questo paese in completa desolazione. Perché, invero, i “lavoratori” hanno perso tutto.

L’effetto, per una “Repubblica fondata sul lavoro”, è che non viviamo più in una Democrazia. E la nostra Costituzione è diventata carta straccia! Lo scrivevo qualche giorno fa in un altro articolo che intervallava il tema di cui ci siamo fin qui occupati.

Rousseau aveva sintetizzato un concetto che oggi è più che mai attuale: «La Democrazia esiste laddove non c'è nessuno così ricco da comprare un altro e nessuno così povero da vendersi». Ci si vende per necessità, barattando principi e accettando compromessi di ogni genere, purché si viva o si superi qualche ostacolo. Ed è molto strano che questa condizione di palese schiavitù non venga elaborata dal cittadino.

Se non è possibile scegliersi il lavoro che si vuol fare, magari quello per cui si è studiato e si è qualificati, né partecipare al mercato stesso del lavoro pretendendo almeno uno stipendio dignitoso, allora non esiste più alcuna Democrazia e non esiste più alcuna Costituzione. Tutti dovranno vendersi al primo offerente per un tozzo di pane, e dunque diventeranno quei poveri che si vendono intercettati da Rousseau. Ma solo per chi ha la fortuna di essere schiavizzato, poiché ci vorrà fortuna anche per questo.

Perché sta accadendo?

  1. Perché gli stipendi in Italia sono diminuiti del 2,90% negli ultimi 30 anni, unico caso in Europa (dati OCSE);

  2. Perché i contratti di lavoro nazionali sono vecchi e non vengono rinnovati  da trent’anni;

  3. Perché non esiste un salario minimo, e i datori di lavoro possono offrire quando vogliono;

  4. Perché il lavoro va accettato ovunque, e non esiste tutela per la famiglia, per chi studia, per il titolo di studio, le qualifiche e il curriculum maturato;

  5. Perché se si perde il lavoro: non si ha diritto a nulla, se si è autonomi; si ha diritto alla NASpI temporanea per i salariati, ma con limiti e requisiti molto stringenti;

  6. Perché se non si trova subito un occupazione, a qualunque costo, non si mangia più!

  7. Perché tra i 2 milioni di disoccupati che cercano attivamente lavoro (dati ISTAT, ottobre 2022), ci sono 400 mila famiglie che non mangeranno più da luglio 2023 (abolizione RdC)

  8. Perché i giovani che non trovano lavoro sono ben il 24%, e tra loro il 15% è sottopagato e al limite della povertà (dati Eurostat)

  9. Perché, in totale, sono 5 milioni i lavoratori con stipendi da fame sotto i 10 mila euro l’anno (studio “Fondazione Di Vittorio”, Cgil)

  10. Perché secondo questo nuovo governo non è vero nulla di tutto ciò, e nemmeno che mancano 2 milioni di posti di lavoro, e dunque chi è disoccupato è solo un "fannullone" (sic!) che non vuole lavorare;

  11. Perché di colpo si sono cancellati tutti i problemi: salario, ore di lavoro e mancanza storica dei posti di lavoro, colpevolizzando e umiliando i lavoratori disoccupati!

La situazione è dunque di concreta e drammatica attualità per tutti i cittadini, e l’odierna agenda politica, osservata in particolare sulla corrente manovra di bilancio, insulta e umilia ulteriormente i lavoratori con un contegno che non ha precedenti. E naturalmente viola i diritti fondamentali del lavoratore costituzionalmente protetti, ai quali il legislatore – come abbiamo visto nei capitoli precedenti – deve vincolarsi.

  • Si violano gli artt. 1, 2, 3, 4, 35, 36 e 38, della nostra Costituzione (vedi anche i capitoli precedenti)

Se mancassero risorse economiche per uniformarsi al dettato costituzionale, si dovrebbero anzitutto cercare con i sistemi di tassazione corretti, aumentandoli sulla ricchezza (eg: gli extra profitti bancari). Ma al momento non sarebbe nemmeno necessario, poiché il governo attuale sta semplicemente spostando somme su altre misure meno urgenti: per lotta ideologica sugli avversari, e per provare ad accontentare una certa fascia di elettorato.

Su tali misure, dove già esiste un certo flusso e non si versa in situazioni, appunto, di drammatica urgenza, sarà certamente utile intervenire. Ma non con la stessa priorità che è dovuta alla garanzia dei diritti fondamentali previsti dalla Costituzione! Questi ultimi, al contrario, versano già in condizioni di drammatica urgenza (ut supra: gli 11 punti); e come se non bastasse oggi si assiste a spostamenti di denaro prelevando – addirittura! – le somme destinate proprio all’assistenza ai lavoratori disoccupati (Reddito di Cittadinanza) e ponendoli a copertura di misure di gran lunga meno prioritarie (salva calcio, estensione flat-tax, etc.).

Non si sta semplicemente umiliando chi non riesce a trovare lavoro, ma si vuole anche mettere paura a chi un lavoro ancora ce l’ha. Schifoso quanto possa essere, chi ce l’ha deve tenerselo stretto, e temere le ignobili umiliazioni che stanno già subendo gli altri suoi concittadini. Perché questo governo li infliggerà a chiunque rimanesse malauguratamente disoccupato.

Una viva e costante protesta, nonché lotta anche in sede Costituzionale, sono intanto i rimedi più immediati a cui ricorrere non appena il quadro dell’agenda politica dell’attuale governo si consoliderà come ormai apparirebbe tristemente scontato.

Nel frattempo non dev’essere taciuta la causa principale di tutto questo.

Certi governi esistono, e sono esistiti, anche per responsabilità delle stesse persone che vengono oggi colpite. Nel nostro paese i “lavoratori” sono circa 23 milioni, l’ovvia totalità degli abitanti se consideriamo le famiglie. Ed è verosimile che molti di loro operino scelte che poi vengono a produrre gli scenari che osserviamo. Si potrebbe parlare di “sindrome di Stoccolma”, ma viene più correttamente a rilievo il cosiddetto “pensiero magico” (cfr. processi mentali e psicologici, nella scienza della moderna psicologia). Fors’anche una certa dose d’invidia del coraggio altrui; ma in buona sostanza il pensiero magico è frutto di molteplici cause tra cui anche paura, ignoranza, cinismo ed egoismo.

Di questi “lavoratori” che ancora lavorano (o già pensionati), i quali puntano spesso il dito su chi è disoccupato assorbendo insensatamente le narrative demagogiche dei loro beniamini politici, ne esiste una considerevole fetta già abusata, sfruttata, maltrattata e umiliata. Costoro, per sopravvivere alla scadente condizione che ne annulla la dignità, hanno strutturato un pensiero dove si autoproclamano “eroi”. Sono – a dir loro – gente che si alza la mattina presto e va a letto la sera tardi “guadagnandosi il pane onestamente”, perché quando c’era la guerra dei loro nonni e bisnonni era anche peggio. Oggi, quindi, è tutto “grasso che cola”, anche il peggiore aguzzino.

Sono concittadini dei disoccupati, contenti del tormento inferto, ad esempio dall’attuale governo, a chi sta un gradino peggio di loro. Concordi e incoscienti – per via del “pensiero magico” – che ogni aumento e bonus è miseria insufficiente rispetto all’inflazione; che stanno guadagnando da fame e che guadagneranno sempre meno, anche perché i loro capetti ora sanno che la perdita del lavoro è diventato un evento drammatico.

L’esistenza di misure di sostegno e assistenza, con politiche attive sul lavoro, servono anche a questo: contenere il datore di lavoro rendendolo cosciente che non è l’ultima ancora di salvezza per il lavoratore.

Se tutto questo manca, allora i “lavoratori” possono augurarsi solo di non perdere l’eventuale miseria che hanno; si augurino di trovare sempre qualcuno da truffare o chi li sfrutta e li fa sgobbare come animali; si augurino di continuare a “non vivere” e fare star bene i loro capetti. Perché se non dovessero più trovare nuovi aguzzini o vittime, arriverebbe anche a loro la miseria della disperazione.

Altro che Costituzione, libertà occupazionale ed economie in armonia al capitalismo!

Non ritengo ci sia altro da aggiungere. Mi auguro che questi cinque capitoletti possano essere stati utili per conoscere un po’ meglio la vera storia del lavoro sul quale si fonda il nostro paese; e che tutto ciò possa anche suscitare qualche utile e feconda riflessione per rimettersi in piedi.



Base foto: Skywalter da Pixabay