Il sì alla Tav è stata solo l'ultima goccia che ha sancito, al di là di ogni possibile dubbio, il fallimento politico del Movimento 5 Stelle.

In campagna elettorale gli attivisti 5 Stelle hanno chiesto il voto, da nord a sud, sul blocco di grandi opere la cui realizzazione, secondo loro, era contraria alla logica, al buon governo e alla legalità. Quelle grandi opere, però, sono tutte state sbloccate e potranno essere realizzate.

Non è colpa dei 5 Stelle? Non è così. La colpa è dei 5 Stelle. La loro colpa, perlomeno, è stata quella di non aver comunque detto a coloro a cui chiedevano il voto che sarebbe stato complicato, difficile o impossibile fermare quelle opere, che loro ci avrebbero provato, ma che non era certo che ci sarebbero riusciti. Invece così non è stato, perché Di Battista (solo per fare un esempio) e non solo lui hanno detto agli elettori mandateci al governo per chiudere l'Ilva e bloccare Tap, Tav e Muos.

Gli elettori gli hanno creduto. Al governo i 5 Stelle ci sono andati, ma nulla di quello che loro avevano promesso, in tema di blocco alle grandi opere, è stato fatto.


Non solo. Ieri Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, si è dimesso dall'incarico dopo aver ripetutamente espresso la propria contrarietà ad alcuni dei provvedimenti bandiera di questo governo, tra cui lo sblocca cantieri, di cui ne ha denunciato la "pericolosità" in relazione a molti dei punti in esso contenuti.

Ma Cantone non solo non è stato ascoltato, ma è stato pure "bacchettato" dal premier Conte (espressione del M5S) che lo ha accusato di voler ostacolare provvedimenti che avrebbero favorito la crescita. Il risultato di tutto ciò? Che il partito dell'onestà ha di fatto invitato a dimettersi colui che era stato nominato per controllare che le istituzioni licenziassero provvedimenti che tra le loro pieghe non contenessero dei cavalli di Troia per reintrodurre dalla finestra le porcate che in passato erano state messe alla porta. Un capolavoro... di incoerenza!


E che dire poi di altri provvedimenti bandiera dei grillini come il cosiddetto decreto dignità ed il reddito di cittadinanza. Con il primo i 5 Stelle dicono di aver eliminato la precarietà dei contratti di lavoro, spacciando i contratti permanenti (a tre anni) come contratti a tempo indeterminato e di aver aumentato gli impieghi, spacciando lavori orari saltuari come lavori da 36/40 ore settimanali. Il numero di ore lavorate, come ai tempi di Renzi, non è cambiato ed è sempre ben al di sotto di quello di riferimento rispetto a prima della crisi del 2008.

Ed il reddito di cittadinanza? È un provvedimento che avrebbe dovuto chiamarsi di (re)introduzione al mondo del lavoro, visto che con il reddito di cittadinanza non ha nulla a che vedere. Non solo. A causa della scarsità di risorse finanziarie per supportarlo (dovuta anche al fatto che i grillini dovevano concedere alla Lega le risorse per poter approvare i loro provvedimenti bandiera), i 5 Stelle si sono inventati tanti di quei se e di quei ma per ottener il cosiddetto reddito di cittadinanza che molti di coloro che pensavano di accedervi hanno poi desistito.


Tutto questo - anche senza aggiungere quanto fatto dai grillini per sdoganare, promuovere e supportare la propaganda politica  della Lega - riassume il fallimento politico dell'esperienza di Governo del Movimento 5 Stelle e, di conseguenza, il fallimento politico del suo capo politico Luigi Di Maio che, se avesse un briciolo di dignità e di rispetto per il suo mandato, preso atto dei disastrosi risultati da lui prodotti avrebbe già presentato le proprie dimissioni. Ma finora è ancora saldamente al suo posto.