Nelle prime ore della notte di domenica 23 dicembre, con 167 voti favorevoli, 78 voti contrari e 3 astenuti, il Senato, nella seduta iniziata il giorno precedente, ha rinnovato la fiducia al Governo, approvando "l'emendamento 1.9000 (testo corretto) interamente sostitutivo dell'articolo 1 del disegno di legge di bilancio 2019 (A.S. n. 981). L'Aula ha poi approvato la seconda nota di variazioni presentata dal Governo e ha proceduto alla votazione finale del ddl, che torna alla Camera per la terza lettura."

E così, finalmente, la cosiddetta manovra del popolo è ad un passo dal diventare legge dello Stato.

I partiti della maggioranza sono entusiasti, almeno stando alle dichiarazioni in aula, di quanto da loro prodotto, a dire il vero confusamente, negli ultimi tre mesi dell'anno. Le opposizioni, ma è il loro ruolo, si dicono preoccupate ed esterrefatte per i contenuti e le modalità con cui la legge di bilancio ha seguito il suo percorso parlamentare.

Iniziando dal secondo aspetto, c'è poco da dire al riguardo e nulla hanno detto Lega e 5 Stelle. Specialmente i "grillini" si sono ben guardati dal ricordare ai loro elettori che nella scorsa legislatura, più volte, si erano scagliati contro la maggioranza di governo per aver messo il voto di fiducia su alcune leggi. Loro hanno fatto lo stesso... più di una volta e sulla legge di bilancio hanno pure stabilito un nuovo record, chiedendo al Parlamento di votare una fiducia alla cieca... senza conoscere il testo che avrebbero votato.

Per quanto riguarda i contenuti della manovra, a grandi linee questi sono stati illustrati insieme alle principali voci di spesa, però nessun parlamentare in Aula ha avuto il tempo materiale di valutare come siano stati espressi nero su bianco. Non un aspetto irrilevante. Lo dimostra il ritardo del voto causato da un dilatarsi dei tempi per la correzione di errori nel testo della legge a cui la Commissione bilancio ha dovuto porre rimedio in extremis.

Ma c'è qualcuno che poi ha potuto rileggere il testo per valutare, tra rimandi, virgole e congiunzioni, che non si rischiasse di regalare centinaia di milioni di euro che invece si volevano tagliare o viceversa? Detta così, sembra un'esagerazione, ma è già accaduto.

Non solo. I due provvedimenti cardine di questa legge, revisione Fornero e reddito di cittadinanza, devono ancora essere scritti e nessuno, ad esempio, conosce la reale platea dei beneficiati e la reale entità di quanto effettivamente sarà loro erogato. Anche in questo caso si sono votati alla cieca due provvedimenti che fanno parte della manovra e di cui è stata indicata la spesa, ma niente di più.

Il Partito democratico, tramite il suo capogruppo Marcucci, ha annunciato ricorso alla Corte costituzionale, in base all'art. 134 della Costituzione, perché quanto avvenuto in Parlamento avrebbe causato una palese violazione dell'art. 72 che, nel paragrafo finale - tra l'altro - recita: "La procedura normale di esame e di approvazione diretta da parte della Camera è sempre adottata per i disegni di legge in materia costituzionale [138] ed elettorale e per quelli di delegazione legislativa [76], di autorizzazione a ratificare trattati internazionali [80], di approvazione di bilanci e consuntivi [81]."

Inutile ricordare che ieri la Camera (termine nel testo sopra riportato indifferentemente riferito sia alla Camera dei deputati che al Senato) non ha di fatto potuto materialmente esaminare ciò che ha votato e che il contenuto della legge riguardava un bilancio. Quindi, di fatto, la violazione costituzionale sembra evidente.

A parte questo aspetto, rimane la valutazione politica di quanto accaduto, che non può nascondere, anche se sorretta dalla presunta volontà di "far del bene al popolo" - al di là che questo sia stato fatto o meno - l'arroganza, l'approssimazione, l'imperizia e le brutte figure che questo Governo ha collezionato, esclusivamente a causa dei desiderata espressi di volta in volta da chi lo guida: Matteo Salvini e Luigi Di Maio.