Quello che era il segreto di Pulcinella è stato svelato. Non che lo consideri un gran merito o che per questo creda di essere una specie di mago delle previsioni l'aver già previsto più di una settimana fa quello che già era implicito nel primo provvedimento di blocco dell'intero Paese: il fatto che la scadenza  del dpcm dell'11 marzo, quella del 3 aprile, verrà prorogata... a data da destinarsi.

Era nell'ordine delle cose e così è avvenuto. Lo ha confermato il premier Conte in una intervista al Corriere, che però stavolta si è dimenticato - almeno per ora - di diffondere anche tramite i suoi profili social.

In ogni caso, Conte ha detto:«Abbiamo evitato il collasso del sistema, le misure restrittive stanno funzionando, ed è ovvio che quando raggiungeremo un picco e il contagio comincerà a decrescere, almeno in percentuale, speriamo fra qualche giorno, non potremo tornare subito alla vita di prima. Al momento non è ragionevole dire di più, ma è chiaro che i provvedimenti che abbiamo preso, sia quello che ha chiuso molto delle attività aziendali e individuali del Paese, sia quello che riguarda la scuola, non potranno che essere prorogati alla scadenza».

Inoltre ha ribadito:

«Bisogna usare il buonsenso e agire tutti con la massima consapevolezza, le sanzioni penali per chi trasgredisce ci sono e verranno applicate in modo severo e sono d'accordo con quei sindaci che hanno chiuso anche le ville e i parchi, una cosa è fare attività sportiva un'altra è trasformare i luoghi pubblici in punti di assembramento, cosa inammissibile. Al momento non sono previste altre misure restrittive di largo respiro, ma se non saranno rispettati i divieti dovremo agire».

Il presidente del Consiglio, sottolineando che le decisioni sopra ricordate sono frutto delle indicazioni degli scienziati, che lui ha definito come «i migliori sul mercato» ammettendo che adesso sono loro a guidare le decisioni politiche, ha poi aggiunto:

«Noi siamo più che soddisfatti di tutti i passi compiuti sino ad ora, passi che si sono ispirati ad almeno quattro principi: trasparenza, perché non nascondiamo nulla ai cittadini, e chi lo fa in altri Paesi rischia di pentirsene amaramente; massimo rigore, perché non abbiamo sottovalutato nulla e assunto sempre gli scenari peggiori come indicatori; adeguatezza delle misure e infine proporzionalità, senza la quale gli italiani, abituati ad un grande individualismo e a radicate libertà civili, non avrebbero retto, visto che non siamo in Cina e non viviamo in uno Stato centralizzato».

Un'affermazione, quest'ultima, che lascia qualche perplessità per due motivi. Il primo è in relazione al fatto che già adesso chiunque può registrare falle nel sistema messo in piedi dal governo con inconvenienti più o meno piccoli che, se non risolti, potranno avere in futuro conseguenze più o meno grandi (vedi ad esempio la chiusura degli uffici postali periferici in piccoli paesi dove non c'è neppure uno sportello bancario). Il secondo è che la Cina ha bloccato una provincia, quella dello Hubei, e non l'intero Paese, seppure delle severe limitazioni siano state comunque applicate ovunque. L'Italia è una nazione, non una provincia. Nello Hubei il cibo veniva fornito dal resto della Cina... in Italia - in futuro - chi provvederà a rifornirci se, come sembra, sempre meno lavoratori (e non c'è da biasimarli) hanno intenzione già adesso di recarsi al lavoro? Figuriamoci nei prossimi giorni!

A questi interrogativi che riguardano il presente Conte non ha dato risposte e forse non era nemmeno in grado di darle. Ha parlato però di futuro, non escludendo misure protezionistiche per la sovranità delle imprese italiane quotate in borsa, che già in questo momento sono a rischio scalata, e misure straordinarie da decine e decine di miliardi con «un'opera di sblocco di investimenti pubblici mai vista prima». 

Ma quello che adesso è più importante capire è se e quando potremo arrivare al traguardo del "futuro". Conte non lo ha detto, perché neppure lui lo sa.