Dal 10 marzo la libertà di movimento di 60 milioni di italiani è stata limitata per combattere il contagio da Covid-19. Lo ha deciso il governo Conte con il plauso delle opposizioni.

In pratica, l'Italia ha deciso di combattere il Coronavirus SARS-CoV-2 utilizzando più o meno la stessa strategia utilizzata dalla Cina. Il "più o meno" non è però irrilevante. Due sono le differenze:

- la prima è che la Cina ha espressamente dichiarato chiuse anche tutte le attività commerciali (escludendo quelle indispensabili come farmacie e negozi per la vendita di generi alimentari) e per quasi due settimane anche quelle produttive;

- la seconda è che tali norme hanno riguardato esclusivamente o quasi una sola provincia cinese, quella di Hubei dove l'epidemia si è sviluppata, e non tutto il Paese.

Il governo italiano ha deciso di chiudere tutta l'Italia, di vietare spostamenti e qualsiasi tipo di manifestazione con norme stringenti, ma allo stesso tempo incomprensibili. Infatti, mentre da una parte si cerca di evitare qualsiasi contatto tra persone appartenenti a nuclei familiari diversi limitando al massimo gli spostamenti degli italiani e le occasioni di socializzazione, dall'altro si permette alla gente di andare a lavorare, come se il coronavirus fosse in grado di discriminare su quando e perché contagiare una persona.

Conte e i suoi ministri, in base a quanto hanno suggerito loro gli "scienziati" cui si sono affidati - praticamente lasciando loro le chiavi di un'intera nazione - sono scesi in guerra contro il coronavirus... perché quella che stiamo vivendo, per coloro che ancora non se ne sono accorti, è una vera e propria guerra.

Gli italiani sono stati chiamati a serrare le fila e l'informazione si è adattata al momento, passando le veline di regime che mostrano esercenti felicissimi di chiudere le attività alle 18 e persone fataliste nell'accettare la limitazione di movimenti e libertà personali. Nessuna protesta e nessuna nota stonata... eppure di domande e perplessità cui dare spiegazioni ce ne sono a bizzeffe.

Al di là di qualsiasi critica e perplessità, vanno comunque ricordate le "evidenze" relative a questa scelta fatta dal Governo.

La Cina ha deciso di chiudere una provincia, quella dove è scoppiata l'epidemia e non l'intera nazione. Conte, invece, ha deciso di chiudere l'Italia, per intero. Il motivo? Contenere l'effetto del contagio per allentare la pressione sul servizio sanitario, abbassare la curva epidemica a livello nazionale, distribuendo i casi su un arco di tempo più ampio, in modo da ridurre la pressione sul servizio sanitario. 

Altri Paesi simili all'Italia dal punto di vista culturale e socio-economico, finora, hanno scelto una strategia diversa cercando di eludere l'evidenza del contagio e di agire in base all'aumento del numero dei casi conclamati, senza andarli a cercare facendo tamponi a destra e a manca. 

La strategia scelta dall'Italia, per preservare l'operatività delle strutture sanitarie, al di là che possa o meno ridurre il contagio, contribuirà sicuramente a distruggere l'economia del Paese. La gente può comunque continuare ad andare a lavorare, ma entro un paio di settimane si rivelerà del tutto inutile a seguito del calo della domanda. 

A risentirne sarà anche l'export. Nei giorni scorsi, alcuni produttori delle zone più colpite, soliti spedire all'estero, si sono visti richiedere certificazioni che si trattasse di merce non contagiata da coronavirus! 

Che una roba simile sia assurda è vero, ma il guaio è che questo è ciò che è accaduto e ciò che continuerà ad accadere, con le esportazioni che per i prossimi mesi saranno bruciate, così come si romperanno i rapporti commerciali instaurati, nel corso degli anni, con aziende di altri Paesi. 

Anche i consumi interni subiranno una drastica riduzione. Il motivo è abbastanza evidente. La limitazione degli spostamenti eviterà alla gente di fare acquisti che non siano indispensabili. Anche qualsiasi tipo di investimento o di spesa importante sarà rimandata a tempi migliori. Chi vuoi che adesso compri casa? Chi penserà a ristrutturarla? Chi vorrà acquistare una nuova auto? Naturalmente, tutto questo avrà conseguenze a cascata sulla filiera produttiva e sulla tenuta delle aziende, specialmente quelle più piccole. Di conseguenza anche chi lavorerà nel settore dei servizi avrà modo di constatare gli effetti negativi di questa situazione sulla propria attività.

Purtroppo, queste non sono supposizioni catastrofiste, ma l'evidente applicazione della logica a quella che è la realtà dei fatti. Oltretutto, al disastro in arrivo a breve va aggiunto quello che già stanno vivendo tutte le attività legate al trasporto e al turismo.

Ma le misure saranno in vigore fino al 3 aprile, un mese possiamo resistere. 

Dispiace deludere chi legge, ma non sarà così. Non lo dico io, naturalmente, lo dicono gli "scienziati" e il modello matematico utilizzato per prevederlo, sviluppato in occasione della pandemia influenzale del 2009, che prevede che il picco dei casi di contagio da Covid-19 si avrà a metà aprile, quindi due settimane dopo la data di scadenza del dpcm del 9 marzo, che è del 3 aprile. 

In tal caso, a meno che il Governo non decida di cambiare in toto la strategia decisa finora, la chiusura dell'Italia dovrà essere prorogata almeno a fino fine aprile... se non ben oltre. 

In base a tutto questo - che ovviamente non viene detto agli italiani - probabilmente le strutture sanitarie dell'Italia saranno preservate, ma il Paese, una volta terminato il contagio, ne uscirà a pezzi, impoverito e arrabbiato, anzi, arrabbiatissimo... è così che sempre accade dopo una guerra. Alcuni politici, vedi Salvini e Renzi, lo sanno benissimo e già adesso sorridono per le opportunità politiche future che si spalancheranno davanti ai loro occhi... per loro una manna, dato che nessun governo che ha condotto una guerra è poi sopravvissuto una volta finita, sia che l'abbia persa o vinta.

Nessuno, per ora, sembra accorgersi di quello che attende l'Italia nel prossimo futuro, attanagliato dalla paura della "letalità" della pandemia influenzale da Coivid-19 che ha finora causato 463 decessi. 

Ma anche in questo caso è necessario ricordare che, per la pandemia del 2009, quella ritenuta la prima vittima italiana fu un napoletano di 51 anni, deceduto dopo essere stato ricoverato in gravi condizioni. Ma subito dopo si riconobbe che la morte era sopravvenuta non per gli effetti del virus, ma per il complicarsi delle importanti patologie da cui era già da tempo affetto. Oggi, invece, tutti i 463 decessi da Covid-19, che per la quasi totalità riguardano persone affette da altre patologie, spesso molto gravi, vengono catalogate come causate dal virus SARS-CoV-2.