“Un giorno con… Milena Perico”. Nei versi la fanciullezza e i luoghi del cuore
Immagini di un paesaggio scorrono come l’acqua di un ruscello per introdurre il docufilm “Un giorno con…Milena Perico”, (guarda qui), targato Aletti editore. Un breve viaggio, non solo nel suo percorso letterario ma anche di vita, in cui l’autrice, originaria della provincia della Spezia, conduce gli spettatori, sin dalla sua infanzia, quando la casa della nonna, in Toscana, rappresentava scrigno prezioso di ricordi e libri da sfogliare, per una bambina curiosa che si affacciava alla vita. E in questo viaggio in cui Milena si racconta e racconta la sua passione per la poesia e la letteratura, il suo sguardo viene spesso rivolto verso l’alto, quasi a testimoniare la voglia di scavare dentro l’animo e nel significato più profondo dell’esistenza, ma anche essere d’ispirazione per coloro che non vogliono soltanto sentire ma anche ascoltare, al di là delle parole.
Le prime poesie scritte da Milena risalgono al 1992, quando aveva appena 13 anni. Una, dal titolo “Il mio amico Jack”, composta dopo aver visto al telegiornale le drammatiche immagini della guerra in Bosnia ed Erzegovina. Quel senso di impotenza, ingiustizia e frustrazione viene impresso, così, nero su bianco, esorcizzando il dolore con la bellezza della scritta parola. “Il mio amico Jack ha perso la sua scarpa. L’ho trovata in un campo, tra sassi e polvere e macerie. Giocavo solo nel mattino, per le strade di campagna. All’improvviso sento un rumore sordo. Piango, ho paura. Mamma, dove sei? Mi avvicino nel silenzio. Una mina. Mio fratello Jack ha perso la sua scarpa, e con essa il suo futuro”. Trasuda di sentimenti opposti, invece, la poesia, scritta nello stesso anno, “Sogno fanciullo”. “E il mio cuore fanciullo gioca ancora con la vita. Insieme fanno capriole, saltano vallate e cavalcano onde, senza spazio né tempo, né paura, né pianto. Solo amore, nel loro eterno passo”. Una poesia scritta dopo aver fatto un bellissimo sogno, colorato, in cui emerge la leggerezza di una Milena adolescente, un po’ confusa, che stava iniziando ad affacciarsi su una dimensione sconosciuta, ma già più matura e consapevole.
Ma, forse, quella leggerezza non ha mai abbandonato l’autrice, per cui le favole hanno sempre avuto un impatto fondamentale nella crescita, tanto da scrivere anche racconti per bambini, oltre che poesie. Tante liriche di Milena Perico, docente di Italiano come seconda lingua nelle scuole di lingua tedesca, rispecchiano i suoi luoghi del cuore e, mentre l’autrice legge questi versi, si alternano immagini della natura e delle stagioni. Tra questi Portovenere, la porta occidentale delle Cinque Terre. Ad ispirare la scrittura dei versi “Tramonto a Portovenere”, risalente al 1996, un paesaggio mozzafiato dalla terrazza di una chiesetta medievale, laddove mare e cielo si confondono in un unico azzurro, senza alcun confine che li separa. “Sorridente e incurante testimone nel mondo di mali e tormenti, l’occhio di fuoco divino continua a dipingere sentieri ai margini dell’universo, mentre scaglie di rubini scendono a colorare la sera, già pronta a donare riposo. E il sole si è spento, lasciando nel cuore il desio di una nuova alba”.
Così come una visita alle Cinque Terre ha fatto tirar fuori il taccuino dalla tasca di Milena per scrivere, nel 2005, la poesia dal titolo “Terra mia”. “…Mentre immobili sguardi scrutano, imperturbati, l’attimo dell’alta, indicibile, bellezza di te, o amata terra”. La parte finale del docufilm, girato a Tivoli, Milena Perico vuole dedicarla a se stessa con la lettura della poesia “Fragile”. “Cresciuta son io, fra pioppi e rosari. Le onde e i tumulti di animi persi. Questo è il mio mare e di me, in verità, resta solo la fragile fibra del mio universo”. E, soprattutto, agli altri. «Ho sempre avuto un orecchio e un occhio verso la condizione sociale delle persone». A dimostrare la sua attenzione verso il sociale e la tematica della violenza sulle donne, è, infatti, la poesia “Bambola violata”, scritta nel suo paese di adozione, Brunico, principale centro della Val Pusteria, in Trentino Alto Adige. Come tutte le liriche contenute nella seconda raccolta “Notturno”, parla di storie vere, talvolta anche fatti di cronaca. “Mentre piangeva, pregava. Era quello il momento. Di dormire”. «Vorrei dedicare le mie parole, la mia sensibilità, a tutte quelle donne che stanno soffrendo tanto, per lanciare un messaggio di speranza: attraverso la letteratura e la poesia si possono esprimere pensieri non solo leggiadri ma anche funzionali al miglioramento della nostra società. Con l’auspicio che tutta questa violenza possa prima o poi fermarsi». A suggellare, infine, le parole di Milena Perico, anche Cosimo Damiano Damato, scrittore, regista e sceneggiatore, attivo soprattutto nel mondo del teatro. «La poesia è la sorella libera della pazzia. L’amore rende ogni poesia medicina da bere, insieme al vino, per dimenticare ogni dolore e svegliarsi con un tatuaggio rosso d’inchiostro. E si danza, ci si danna, ci si assolve da ogni condanna, da ogni peccato, da ogni pensiero desiderato».
Federica Grisolia