SANTIAGO DEL CILE - ADISTA. Due cause sono state intentate in Cile a giugno e ad agosto da due ex studenti, una donna e un uomo, contro i Legionari di Cristo per insabbiamenti e abusi sessuali, di potere e di coscienza avvenuti in due scuole della congregazione religiosa messicana ultraconservatrice, fondata dal prete pedofilo e tossicomane p. Marcial Maciel, storico amico di papa Wojtyla, deceduto nel 2008.
Il primo caso riguarderebbe fatti avvenuti presuntamente tra il 2008 e il 2010 presso il Colegio Cumbres, noto presidio educativo dei Legionari di Cristo in Cile, a opera di due cappellani; nel secondo, un ex studente del Colegio San Isidro a Buin denuncia di aver subito un abuso da parte di un ex prete legionario di Cristo tra gli anni 1999 e 2001.
Già dopo l'esplosione del primo caso 32 ex consacrate di Regnum Christi, il movimento di apostolato dei Legionari, hanno diffuso una lettera aperta, pubblicata il 5 settembre dal quotidiano cileno La Tercera, in cui confermano il clima abusante della congregazione e giudicano totalmente plausibili le denunce.
"Vogliamo alzare la voce e fornire informazioni che contribuiscano a comprendere detta causa alla luce delle conoscenze, delle circostanze e delle situazioni vissute da noi mentre eravamo consacrate o all'interno del centro studentesco", esordiscono. "Siamo state sottoposte a un ambiente in cui l'abuso di potere e di coscienza era comune e in cui le aggressioni sessuali descritte nella denuncia si sarebbero potute certamente verificare", affermano le ex consacrate, che provengono da vari Paesi dell'America Latina – dimostrando con questo che il problema non si ferma entro i confini del Cile - e si firmano con nome e cognome. Illustrando un contesto favorevole agli abusi, che "ha fatto parte dei fondamenti della vita comunitaria delle consacrate del Regnum Christi, sia in Cile che in altri Paesi".
Le 32 firmatarie descrivono le regole imposte dai Legionari "che oggi chiunque è capace di comprendere come disumane e dannose", e spiegano di averle rispettate "nella convinzione e nella fiducia che abbiamo cercato di vivere nella lealtà e nell'amore verso Dio, senza metterle in discussione, convinti dai nostri superiori che provenivano da Dio stesso".
Non sarebbero dunque casi isolati quelli denunciati, ma sintomo di un sistema del quale elencano alcune delle disfunzioni a partire dal culto per il fondatore, che "sotto le spoglie di un leader carismatico, venerato e indiscutibile, era un noto pedofilo e tossicodipendente, che utilizzava identità multiple attraverso documenti falsi".
E raccontano: a tutti i superiori si doveva venerazione, rinunciando "al proprio giudizio come atto di totale abnegazione" gradito a Dio e compiuto "per amore, come indicato negli Statuti"”; essi monitoravano "dettagliatamente e rigorosamente" la gestione del tempo dei membri, controllandone l'attività; vigeva il divieto "di mettere in discussione qualsiasi comando o esigenza dei superiori", ma anche "di rivelare pensieri, emozioni ed esperienze personali, sia all'interno delle comunità che all'esterno".
Ciò significava, come spiegano nella loro lettera, "che non potevamo condividere il nostro io interiore con nessuno – né con i colleghi, né con la famiglia, né con gli amici – tranne che con i nostri dirigenti”. Avere amici era considerato "essere infedele a Dio. In questo modo ci tenevano isolati gli uni dagli altri e, in molti casi, molto dipendenti emotivamente dai direttori”. Era inoltre vietato l'accesso alla stampa, ai media e alle pubblicazioni, ad eccezione di notizie precedentemente selezionate; i documenti personali venivano trattenuti dai superiori. "e potremmo andare avanti con l'elenco", scrivono le ex consacrate.
"Speriamo che sia fatta giustizia - concludono le ex consacrate - nel rispetto della presunzione di innocenza e dei giusti processi. Ma speriamo anche che il potere non corrompa la giustizia e che la verità – e solo la verità – venga alla luce".