Report vs Tar Lazio... la sentenza ungherese che piace tanto a Italia Viva condannata anche dall'Ordine dei Giornalisti
"Capisco che quando la mistificazione è un metodo si fatica a vedere la realtà. E anche il nervosismo di Ranucci. Ma la sentenza del Tar NON CHIEDE a Report di rivelare le FONTI. Anzi chiede di proteggerle. Ma di mostrare i DOCUMENTI che proverebbero le accuse. Ecco la verità."
La mistificazione in stile Goebbels che caratterizza Luciano Nobili ed il suo partito, Italia Viva, è ammirevole e neppure tanto incredibile. Infatti, la sentenza del Tar che impone a Report di rivelare le sue fonti è stata definita una "sentenza ungherese", l'Ungheria di Orban a cui guarda Matteo Salvini, che è ormai, seppur non svelato ufficialmente, uno dei più stretti alleati a cui guarda Matteo Renzi, grazie alla regia del comune amico e suocero Denis Verdini.
Purtroppo per Nobili e Italia Viva, la realtà è un'altra.
Così si è espresso al riguardo Carlo Verna, presidente dell'ordine dei giornalisti:
"Le fonti non si possono rivelare senza se e senza ma. Valutate coi nostri esperti la sentenza del TAR Lazio e l'annunciata volontà della Rai di rivolgersi al Consiglio di Stato sulle questione che riguarda Report e sentito informalmente l'esecutivo, domattina conferirò mandato ad un legale per un ricorso ad adiuvandum da parte del Consiglio Nazionale dell'Ordine dei giornalisti. La decisione, impugnabile, appare in netto contrasto non solo coi nostri principi deontologici, ma proprio col concetto di giornalismo in qualunque Paese democratico. Confidiamo che il Consiglio di Stato accolga la nostra istanza di essere in giudizio dopo che la Corte Costituzionale ci ammessi in quello di legittimità sulla pena edittale assurda del carcere per diffamazione (udienza decisiva martedì 22) riconoscendo che l'ordine dei giornalisti è titolare di un interesse qualificato inerente in modo diretto e immediato al rapporto dedotto in giudizio".
Facendo opera di caritatevole assistenza di carattere giornalistico/intellettuale (e indirettamente politico), il responsabile di report, Sigfrido Ranucci, prova a spiegare ai tanti Nobili presenti nel nostro Paese quanto quella sentenza non solo sia pericolosa per Report, ma anche per la libertà d'informazione in Italia:
"Ai tanti che ululano alla luna senza sapere di cosa parlano, pubblico la sentenza dove si evince che il #Tar impone di pubblicare, non semplici atti, ma “dati e informazioni” tra le quali ci sono scambi di mail tra Report e i dipendenti della pubblica amministrazione, che sono da considerarsi a tutti gli effetti fonti giornalistiche.Il TAR infatti chiede di pubblicare “dati” e “informazioni” detenuti dalla RAI, perché giudica la Rai sul piano dell'accesso documentale, assoggettabile ai gestori di pubblici servizi, pur nella sua veste formalmente privatistica di S.p.a. e pur agendo mediante atti di diritto privato.Il Tar dunque ritiene "suscettibile di ostensione la documentazione connessa all'attività giornalistica preparatoria di acquisizione e di raccolta di informazioni svolte da Report riguardanti le prestazioni e consulenze svolte dall’ avvocato leghista su incarico di enti territoriali e locali" dall’Avvocato leghista Andrea Mascetti e dal suo studio. Il magistrato amministrativo fa esplicitamente riferimento a tutte quelle informazioni che hanno fatto parte del lavoro preparatorio e di verifica, raccolte attraverso il dialogo con dipendenti degli Enti pubblici e che sono poi confluite nel servizio di un'inchiesta giornalistica. Per Report si tratta di un lavoro giornalistico e ogni dipendente interlocutore è da considerarsi come fonte da tutelare. Per il Tar il segreto della fonte non applicabile sullo scambio di mail tra i giornalisti di Report e i dipendenti della pubblica amministrazione, perché equipara il lavoro giornalistico svolto in Rai un atto amministrativo.E' da considerarsi una sentenza incostituzionale perché tratta il lavoro giornalistico del servizio pubblico diversamente da quello effettuato da altri colleghi. Report non rivelerà fonti e dialoghi avvenuti con altri tesi alla preparazione di un’inchiesta, perché è consapevole che tali dipendenti possano essere soggetti a ritorsioni.Se uno si sente diffamato va da un magistrato e presenta querela. Non al Tar".
Adesso Nobili avrà capito? Impossibile crederlo.