Sembra incredibile, ma i sindacati continuano a stupirsi, e ad indignarsi, che le aziende chiudano senza far ricorso alla "raccomandazione" all'uso delle 13 settimane di cassa integrazione concordato a fine giugno per mitigare le conseguenze dello sblocco dei licenziamenti.
L'ultima azienda che ha seguito l'esempio di Gianetti Ruote e Gkn è la Whirlpool di Napoli che mercoledì 14 luglio ha comunicato tale scelta a governo e sindacati nel corso dell’incontro (in videoconferenza) al ministero dello Sviluppo economico.
“Siamo consapevoli della nostra scelta - ha dichiarato Luigi La Morgia, l’amministratore delegato di Whirlpool Italia - ma la procedura non deve essere una pregiudiziale per l'individuazione di un'alternativa per il sito di Napoli. Siamo e restiamo il più grande investitore e produttore di elettrodomestici in Italia”.
Perché la Whirlpool, da più di due anni ormai, abbia deciso di chiudere lo stabilimento di Napoli licenziando i suoi 322 dipendenti (anche se l'azienda si dice disponibile a incentivi o trasferimenti in altri siti del gruppo) sono in pochi ad averlo capito, visto che Whirlpool è tutt'altro che un'azienda in perdita.
II segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, ha definito quella di Whirlpool una logica da Far West:
“Whirlpool dopo una settimana di riflessione, anziché ricorrere alle tredici settimane di cig disponibili, ha scelto di avviare la procedura di licenziamento collettivo per i circa 350 dipendenti dello stabilimento di via Argine a Napoli... è la terza multinazionale, associata a Confindustria, che invece di rispettare l’impegno sottoscritto a Palazzo Chigi e utilizzare gli ammortizzatori sociali gratuiti, scarica sui lavoratori e sul Paese la scelta di delocalizzare le produzioni fuori dall’Italia, senza che ci siano ragioni di calo della domanda o dovute alla crisi del mercato, ma solo per pure logiche finanziarie e di profitto.Chiediamo al governo di convocare urgentemente la cabina di regia a Palazzo Chigi e a Confindustria di assumersi le proprie responsabilità per far rispettare gli impegni assunti.Siamo pronti a sostenere tutte le iniziative di mobilitazione già decise e a mettere in campo, insieme a Cisl e Uil, tutto quanto sarà necessario per far ritirare i licenziamenti, difendere il lavoro e non lasciare sola nessuna lavoratrice e nessun lavoratore”.
Eppure, per evitare - almeno nell'immediato - tutto questo, Landini e i suoi omologhi di Cisl e Uil avrebbero potuto pretendere e siglare un accordo dove si faceva ricorso all'obbligo invece che alla raccomandazione.