Sinodo chiede di recuperare alla attività pastorale i preti sposati, ma senza il cambio del Diritto Canonico impossibile riammissione piena per celebrare S. Messa
“Si consideri, valutando caso per caso e a seconda dei contesti, l’opportunità di inserire presbiteri che hanno lasciato il ministero in un servizio pastorale che valorizzi la loro formazione e la loro esperienza”.
È questo uno dei passaggi più innovativi del documento di sintesi dei lavori del Sinodo approvato questa sera nell’Aula Paolo VI in Vaticano. In queste poche righe c’è un cambiamento storico, un approccio totalmente diverso da quello tradizionale. Nel mondo sono più di 120.000 i preti che hanno abbandonato il sacerdozio per farsi una famiglia, circa un quarto dei preti attualmente in servizio pastorale. È un segnale così importante che la Chiesa non può più ignorare:“il tema del celibato che ha raccolto valutazioni diverse nel corso dell’assemblea. Tutti – si legge nella Relazione finale – ne apprezzano il valore carico di profezia e la testimonianza di conformazione a Cristo; alcuni chiedono se la sua convenienza teologica con il ministero presbiterale debba necessariamente tradursi nella Chiesa latina in un obbligo disciplinare, soprattutto dove i contesti ecclesiali e culturali lo rendono più difficile. Si tratta di un tema non nuovo, che richiede di essere ulteriormente ripreso”.
Per il Movimento Internazionale dei sacerdoti sposati fondato nel 2003 da don Giuseppe Serrone, il tema dei preti sposati, che è fondamentale per l'esistenza della Chiesa, non deve essere solo ripreso, ma data la rilevanza, il Papa stesso, dovrà prenderlo in considerazione immediatamente e posse mano al cambio del Diritto Canonico per far celebrare Messa ai sacerdoti sposati che desiderano ritornare al ministero attivo.