Ad Aleppo si continua a combattere con una tregua ad ore alterne. A Kirkuk l'Isis sta facendo decine di morti e a Mosul la situazione è pure peggiore con quasi 300 persone, bambini compresi, giustiziate nei giorni scorsi dai fanatici del Daesh, secondo quanto riportato da fonti irachene.

L'avanzata su Mosul di curdi e iracheni non pare aver segnato l'inizio della fine delle ostilità in Iraq e le territori ocircostante, quanto piuttosto una nuova e più cruenta ripresa del conflitto tra Stato Islamico e forze di coalizione per il controllo del territorio nord iracheno.

La fuga da Mosul è iniziata, ma riguarda quasi esclusivamente quella dei profughi che da qualche giorno stanno aumentando il numero dei rifugiati nel campo di al-Hol, in Siria.

La situazione di Mosul è paradossale. Infatti, oltre alle problematiche relative alla conquista della città, nel caso questa avvenga, non possono non essere ricordate quelle che si presenteranno dopo, nel caso in cui i combattenti dell'Isis venissero sconfitti.

Le forze irachene in campo sono costituite da esercito, polizia federale, unità speciali antiterrorismo ed alcune milizie di matrice sciita che però comprendono anche unità turkmene e cristiane caldee come la Brigata Babilonia.

Da est, premono su Mosul i peshmerga curdi, in parte ale dipendenze del Kdp (il partito del presidente Barzani), in parte alle dipendenze del Puk. A costoro si aggiungono altri peshmerga, non appartenenti a questi due gruppi, e che hanno affinità con i curdi siriani le cui finalità sono rivolte alla rifondazione del Kurdistan storico.

Poi ci sono le forze occidentali, riunite in una coalizione a guida Usa di stanza a Erbil, che vedono impegnati, oltre agli Stati Uniti, la Gran Bretagna, la Francia, la Germania, l’Italia e l’Australia.

Manca qualcuno all'appello? Purtoppo sì ed è la Turchia che, in caso di vittoria, tenterà di far valere quelli che Erdogan definisce diritti storici nell'area, ma che in realtà sono una scusa per presidiarla per impedire la nascita di un grade Kurdistan.

Aggiungendo a questo quadro la possibilità di future vendette da parte degli sciiti nei confronti dei sunniti, è prevedibile che, una volta cacciato l'Isis, Mosul diventi un ring per le forze che hanno contribuito a liberarla, a causa degli interessi contrapposti da cui sono motivate.

Infine, anche se attivi solo sul terreno di scontro in Siria, non vanno però dimenticati anche i russi che, forti di una nuova intesa con la Turchia, hanno molti interessi nell'area a causa del gas e delle condutture che dal nord dell'Iraq devono passare per consentirne la distribuzione, sia verso sud est che verso sud ovest.

Quindi, chiunque ritenga che la conquista di Mosul possa essere un passo verso la risoluzione della crisi che vede coinvolti Siria e Iraq, questo breve riassunto dimostra che, al contrario, è più logico pensare che segnerà l'inizio di una ulteriroe fase di instabilità.