Cronaca

La strage di via Caravaggio, 1975 ( e nel 2016…) - II Parte



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L’automobile di Domenico non è posteggiata al solito posto, non si trova. Invero, non si è nemmeno d’accordo su quale fosse. Viene spesso mostrato ( per esempio, in “Blu Notte”) un modello di Lancia Fulvia Coupé, vettura sportiva a suo tempo amata da giovani e da guidatori spericolati, ma alcuni sostengono si trattasse della berlina, che in effetti appare più adatta a un personaggio come Domenico Santangelo. Tuttavia, i docufilm d’epoca e una foto scattata, sembra, dopo il ritrovamento, mostrano appunto una berlina, color amaranto, unica cosa che mette d’accordo tutti, mentre il modello rimane un enigma; come pure lo è il fatto che sia stata trovata, diversi giorni appresso, parcheggiata nell’angiporto, chiusa e in ordine ( con la batteria scarica, informa Carlo Lucarelli). In seguito qualcuno ha precisato che, essendo in avaria, Domenico l’avrebbe lasciata lì, dopo la visita a un amico, proseguendo con i mezzi pubblici.

La mattina di quel giorno Angela si da malata per sindrome influenzale e contemporaneamente la matrigna prende due giorni di ferie. La coincidenza viene spiegata da certi analisti con la sollecitudine paterna di Santangelo, che non avrebbe mai lasciato la figlia sola in casa. E’ una spiegazione bislacca, visto che egli, pensionato, quel giorno va a spasso: perché non resta a casa lui, invece di indurre la moglie a prendere ferie? O piuttosto non si affretta a far riparare l’auto? Tuttavia, si dice che Gemma abbia fatto un salto nel suo studio di via Mario Fiore, anche sua abitazione da nubile. Una testimone l’avrebbe vista fare una passeggiata col consorte nel pomeriggio, entrambi piuttosto eleganti. 

A questo punto entra in scena il presunto fidanzato della giovane, tale Nicola Sceral. Diciamo presunto perché, se alcune fonti lo danno per promesso sposo, altre ci portano ben lontano: chi, come un’amica di lei, sostiene di non aver mai saputo di un fidanzamento; altre ancora insinuano un legame di copertura, orchestrato da un medico dell’INAM, Giuseppe De Laurentis, uomo sposato, che avrebbe così abilmente nascosto la sua liaison con Angela. Se tale ultimo scenario può sembrare machiavellico, va anche riconosciuto che le atmosfere degli uffici lo sono spesso. Ebbene, verso sera Nicola si sarebbe premurato di telefonare alla sua ragazza per informarsi delle sue condizioni, ma avrebbe preferito uscirsene con gli amici: il che, per un promesso sposo, non era il massimo. Nel frattempo era arrivata la visita fiscale per la malata, ma non sappiamo quanti giorni le avesse dato. Ai tempi, in genere, si confermava la prognosi del medico di famiglia, però conoscere la durata del congedo sarebbe importante, come vedremo.

La borsa di Angela è stata frugata, anche il contenuto di qualche cassetto appare fuori posto. Esisteva anche un suo diario: chi dice che non verrà mai trovato, chi afferma invece che c’era, ma con alcune pagine strappate. Per natura, la figliola amava scrivere lettere ( da tenere o inviare, non si sa) e infatti ne spunta una per Nicola, di tono crepuscolare, con data e ora, 22.30 del 29 novembre: sembrerebbe la romantica, ma quasi nostalgica, chiosa di una giornata che ha portato nuove riflessioni sul rapporto. Ecco il testo:” "Ciao Nico, ho deciso di scriverti per chiarire alcune cose di noi. Con te ho provato e conosciuto cosa è: la dolcezza, la tenerezza, l'amore, la gioia di trovare te alla fine di una giornata di lavoro, la voglia di stare con te e di non lasciarti mai, la gelosia. Sono le 22:30. Chiudo perché si è fatto tardi e mi  auguro di dormire. Riprenderò domani mattina”.

Un’altra domanda s’impone: perché la giovane Santangelo si trova nel letto matrimoniale? In un appartamento quasi sovradimensionato, per tre persone, lei non disponeva di una sua stanza per dormire? Il lettone quando si è indisposti, è per i bambini, non per una post adolescente in fregole amorose, che in genere gradisce distanziarsi e fare le sue cose in santa pace. Qui va anche evidenziata una particolarità di quella casa, cui raramente si è fatto cenno: aveva due ingressi. In origine, infatti, si trattava di due abitazioni, poi unificate. La porta di servizio immetteva sul corridoio centrale su cui si affacciavano la camera di Angela, il tinello, il bagno di servizio, la camera da letto matrimoniale. Quindi, certo che sì, c’era una camera dedicata alla figlia, ma quella sera ella la disertò. Altra domanda: l’uccisore sapeva che lei era lì? 

Poiché poco o nulla sappiamo dell’atmosfera familiare, non resta che affidarsi a commenti a posteriori o confidenze. Il portiere racconta di essere solito portare la posta alla famiglia un paio di volte la settimana, restando sulla porta, che Domenico apriva con la catenella, dopo aver controllato dallo spioncino.

Il fratello di Domenico ce ne parla come di una persona tranquilla, un cuore d’oro sempre pronto a dare una mano, uno prudente che mai avrebbe aperto a estranei, ma lascia trasparire diffidenza verso la cognata, che sospettava di infedeltà coniugale. Le sue allusioni non sono così velate, e si fa intendere che, prima di sposarsi, la donna manteneva un giovane turbolento, che si sarebbe arrabbiato assai perché lei, una volta maritata, avrebbe chiuso i rubinetti. Più o meno simile è la versione del patrigno di Domenico, che aggiunge anche il nome del fantomatico amante, Mimmo Zarrelli, il nipote, pertanto saremmo in presenza di un incesto. Altri parlano invece di grande gioia al momento del matrimonio con Domenico, arrivato solo un anno dopo la vedovanza di lui. Ancora, si insiste che Gemma stava trasferendo parecchi beni di valore in una cassetta di sicurezza.

Colleghi di Angela parlano di suoi timori per il futuro e di una frase inquietante che conteneva le parole “..un ingegnere…morirò scannata”. Possibile?

Pare di sì. Nessuno mette in dubbio quanto evidentemente appreso direttamente dai due coniugi, che avrebbero riferito di un loro casolare di campagna, affittato a un sedicente ingegnere, sparito senza pagare l’affitto. Recatisi in questo abituro, i due l’avrebbero trovato in abbandono, con brandine luride, corde e manette, il che fece pensare al rifugio di un latitante o alla prigionia di un rapito dalla malavita.

Oggi quell’armamentario suggerirebbe piuttosto altro, festini, sesso estremo e roba del genere, ma allora, dopo la tragedia, le tracce di qualche investigatore poco ascoltato portarono a un temutissimo criminale calabrese, Annunziato Turro. Il tipaccio era finito in carcere un mese dopo la strage: raggiunto, rifiutò di rispondere alle domande. Ma poi: davvero la scafata coppia Santangelo avrebbe scambiato un manigoldo della malavita calabrese per ingegnere? 

Torniamo al ménage familiare, per ricordare appena che, a quanto si legge, il 2 ottobre precedente, contravvenendo al consueto riserbo, Domenico avrebbe permesso alla figlia di tenere in casa una festa di compleanno, cui sarebbe intervenuto anche il predetto cugino Mimmo Zarrelli, che tra poco entrerà nella nostra storia da protagonista assoluto. Alcuni danno per ospite anche il dottor De Laurentis.

La signora Simonetti, sposata con due figli ancora alla scuola dell’obbligo, del piano di sotto, ha il sonno lieve, a volte legge fino a tarda ora. Nella notte tra il 29 e il 30 ottobre avverte rumori strani, cui però al momento non da peso: testimonierà di andirivieni, come di gente che esce e rientra. Un’ altra signora parlerà di passi e trascinamenti, ma ricostruendo in seguito. Si concorda che, prima dell’alba, sopraggiunse un perfetto silenzio, che durerà fino all’8 novembre.

Siamo sempre piuttosto a corto di resoconti significativi sui rapporti con il parentado. Con i vicini, s’ è capito che tutto era limitato al buongiorno e buonasera ( i napoletani non sono sempre così cordialoni). Il vicino di balcone, un’ ufficiale turco della Nato, arrivato verso giugno, osservò che nemmeno durante l’estate passata li aveva mai visti affacciarsi. Resta però il punto: benché i rapporti con quella famiglia scostante fossero ridotti al minimo, proprio nulla insospettì i vicini? La vita di allora era connotata da maggior movimento nelle case, dentro e fuori, panni stesi, tappeti sbattuti, all’uso italiano e particolarmente partenopeo. Nessun dubbio sorse, non vedendo segni di vita, qualcuno che facesse le pulizie? I commercianti di zona non notarono l’assenza? Ai tempi non era ancora così usuale frequentare i supermercati, si era affezionati al verduraio di fiducia, al lattaio, al droghiere, da cui si acquistavano prodotti di giornata. I giri di Domenico? I colleghi di Gemma? E quelli di Angela?( qui torniamo al discorso sulla prognosi). In effetti, l’allarme partì dalla clinica di Gemma, infine, ma ci volle una settimana buona.

Dai rilievi si traggono delle conclusioni: Domenico è stato ucciso nel suo studio, Gemma in cucina dove aveva appena preparato la cena ( ritrovata intatta sul tavolo), Angela sulla soglia della porta della camera coniugale. Il bruto inizialmente avrebbe sostato un po’ nello studiolo con il capofamiglia, che gli avrebbe anche offerto del liquore, poi lo avrebbe colpito a tradimento, soffocando subito dopo -  o prima -  il cane; si sposta in cucina, dove pare che Gemma non si sia accorta di nulla, anzi sta in attesa con la borsa dell’acqua calda ( ritrovata per terra) e si becca le botte in testa anche lei; a quel punto appare Angela sulla porta della camera, e le viene riservato lo stesso trattamento, ma su di lei con maggiore efficacia, perché muore subito.

Non pago, il killer torna da Domenico e gli taglia la gola, ripete l’atto sulla moglie e, per sicurezza, replica sulla figlia, con la quale, come detto, saggia ancor meglio il risultato mediante due coltellatine al ventre. Nel corso della macchinosa carneficina, lascia delle cicche di sigarette, pare accese ma non fumate del tutto (è stato detto, marca Mercedes ed MS nel posacenere dello studio e Gitanes senza filtro su alcuni punti del pavimento dell'abitazione). Domenico  fumava, come gli altri due sospettati di cui diremo, ma le sigarette non hanno portato a collegamenti sicuri. Si trovano anche due grosse tracce di mani insanguinate sul davanzale di una finestra e qualche goccia sull’interruttore centrale, pigiato dall’ autore del massacro per togliere la corrente; un’orma di scarpa numero 42; impronte digitali sulla bottiglia del liquore, non utili però ai confronti; dei guanti di gomma per terra. Le cronache non concordano su quando il killer li usò, se prima o dopo gli omicidi, liberandosene magari per trascinare i corpi. Gli orologi di casa risultano fermi alle ore cinque: siccome erano elettrici, si ritiene che chi uccise, spegnendo l’impianto, avrebbe così “cristallizzato” l’ora in cui se ne andò, ma è stato fatto notare che potevano anche avere una riserva in pile, aspetto mai approfondito. Una volta estratti i cadaveri dalla vasca, si notò che la vittima maschile era a torso nudo.

Altre testimonianze: un tale avrebbe incrociato una coupé che marciava a velocità sostenuta in via Caravaggio, quella notte, guidata da un tipo di mole notevole e dai capelli mossi. Alcuni mesi dopo un vigile urbano affermò di aver visto, nella notte tra venerdì 31 ottobre e sabato primo novembre, la luce accesa in casa Santangelo, verso le 3,30 del mattino. Il primo vigile del fuoco entrato dalla finestra, aprendo la porta agli altri, ha però depotenziato tale dichiarazione. La camera dove fu trovata Angela ( che sarebbe stata quella con la luce accesa), non aveva lampadari, ma solo una fioca lampadina dell’abat-jour, che non avrebbe illuminato a tal punto da essere visibile dalla strada. A tal riguardo si può riascoltare la puntata di “Telefono Giallo”, del 1988, dedicata al fatto. Il pompiere è molto sicuro di sé. La casa era immersa nel buio totale ed egli faticò a trovare l’interruttore centrale. Ci pare in effetti, che ricordarsi dopo diversi giorni si una specifica finestra illuminata in una particolare notte non sia facile.

Continua...

Autore carmengueyeny
Categoria Cronaca
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