Michael Wolff è un giornalista americano che scrive abitualmente per USA Today, The Hollywood Reporter e altre testate, anche britanniche. Tra poco uscirà un suo libro intitolato "Fire and Fury: Inside the Trump White House", che svela il dietro le quinte di quanto è accaduto finora alla Casa Bianca dal momento dell'elezione di Trump a presidente degli Stati Uniti.
A rendere esplosivo il libro è il fatto che molti dei suoi contenuti sono costituiti anche da dichiarazioni rilasciate da esponenti che erano vicini a Trump, come il suo ex consigliere Steve Bannon. Queste alcune delle anticipazioni rese note alla stampa.
La vittoria alle presidenziali per Trump sarebbe stata del tutto inattesa e indesiderata. Secondo quanto avrebbe detto Donald Trump Jr. - il figlio maggiore di Trump - ad un amico, quando ormai era chiaro che il trend elettorale avrebbe portato il padre alla Casa Bianca, il suo aspetto era quello di chi avesse visto un fantasma, mentre Melania piangeva... e non erano lacrime di gioa.
Un altro passaggio controverso è quello di Steve Bannon e dei rapporti tra Trump e la Russia. Secondo quanto ha dichiarato Bannon, Donald Trump Jr., il genero Jared Kushner e il manager della campagna Paul Manafort pensavano che fosse una buona idea incontrare rappresentanti di un governo straniero alla Trump Tower, senza la presenza di alcun legale. "Non avevano alcun legale. Anche se avessero pensato che non fosse tradimento o che non fosse antipatriottico o una str....ta - e io penso che lo fosse - si sarebbe dovuto chiamare l’Fbi, immediatamente".
E non mancano neppure i piani per il futuro da parte dei familiari più stretti. La figlia Ivanka ed il marito di lei, Jared Kushner, avrebbero accettato incarichi nell'amministrazione Trump con un obiettivo ben preciso in mente: creare le condizioni per presentare Ivanka come candidata alle prossime presidenziali.
Particolarmente gustosi sono alcuni aspetti di costume, come la descrizione delle alchimie che stanno dietro alla pettinatura di Trump ed al colore "particolare" dei suoi capelli.
La risposta di Trump a tali anticipazioni non si è fatta attendere ed è arrivata, stavolta, con una dichiarazione ufficiale diffusa sui media:
"Steve Bannon has nothing to do with me or my Presidency. When he was fired, he not only lost his job, he lost his mind. Steve was a staffer who worked for me after I had already won the nomination by defeating seventeen candidates, often described as the most talented field ever assembled in the Republican Party.
Now that he is on his own, Steve is learning that winning isn't as easy as I make it look. Steve had very little to do with our historic victory, which was delivered by the forgotten men and women of this country. Yet Steve had everything to do with the loss of a Senate seat in Alabama held for more than thirty years by Republicans. Steve doesn't represent my base — he's only in it for himself.
Steve pretends to be at war with the media, which he calls the opposition party, yet he spent his time at the White House leaking false information to the media to make himself seem far more important than he was. It is the only thing he does well. Steve was rarely in a one-on-one meeting with me and only pretends to have had influence to fool a few people with no access and no clue, whom he helped write phony books.
We have many great Republican members of Congress and candidates who are very supportive of the Make America Great Again agenda. Like me, they love the United States of America and are helping to finally take our country back and build it up, rather than simply seeking to burn it all down."
Questa la traduzione:
"Steve Bannon non ha niente a che fare con me o con la mia Presidenza. Quando è stato licenziato non ha solo perso il proprio lavoro, ma ha anche perso la testa. Steve era un impiegato che aveva lavorato per me dopo che avevo già ottenuto la nomination sconfiggendo diciassette candidati, descritti spesso come la compagine migliore mai riunita dal Partito Repubblicano.
Ora che è fuori, Steve sta imparando che vincere non è così facile come io lo faccio apparire. Steve ha avuto davvero poco a che fare con la nostra storica vittoria, che è stata ottenuta dagli uomini e dalle donne dimenticati di questo paese. Invece Steve ha avuto molto a che fare con la perdita di un seggio al Senato, in Alabama, seggio che era stato dei repubblicani per trent’anni. Steve non rappresenta la mia base, ma solo se stesso.
Steve sostiene di essere in guerra con i media, che chiama il partito di opposizione, eppure ha passato tutto il tempo alla Casa Bianca a fornire ai media notizie false per apparire più importante di quanto realmente non fosse. È la sola cosa che sa fare bene. Steve è stato raramente in incontri da solo con me e finge di essere stato influente, per ingannare un po’ di gente disinformata e senza fonti, che ha aiutato a scrivere libri farlocchi.
Abbiamo molti grandi membri del Congresso e candidati Repubblicani che sostengono il programma di Make America Great Again. Come me, amano gli Stati Uniti d’America e stanno aiutando a riprenderci finalmente il nostro paese e ricostruirlo, piuttosto che cercare solamente di distruggerlo."
Durante la conferenza stampa di mercoledì, la portavoce della Casa Bianca Sarah Sanders è stata letteralmente subissata di domande sull'argomento. Molto abilmente, non ha fatto nuove dichiarazioni, rimandando a quanto aveva già scritto Trump nel testo sopra riportato.
Ma è probabile che la questione venga ripresa lunedì prossimo quando Trump renderà noti i vincitori della Classifica dei Media più Corrotti e Disonesti del 2017, come annunciato via twitter.
I will be announcing THE MOST DISHONEST & CORRUPT MEDIA AWARDS OF THE YEAR on Monday at 5:00 o’clock. Subjects will cover Dishonesty & Bad Reporting in various categories from the Fake News Media. Stay tuned!
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) January 3, 2018
Anche su questo argomento alla Sanders sono state fatte domande per maggiori chiarimenti e anticipazioni, ma anche in questo caso la portavoce non ha aggiunto niente di più a quanto annunciato via social sull'evento. Un evento che rischia di aggiungere ulteriore benzina sul fuoco delle polemiche mai sopite con i media e che il libro di Michael Wolff ha provveduto a riaccendere.