I risultati del 4 marzo ci dicono che il Movimento 5 Stelle, intorno al 32%, è il primo partito in Italia, ma il secondo classificato per quanto riguarda il risultato elettorale, che ha visto l'affermazione della coalizione di centrodestra.

A trainarla al 37% delle preferenze ha contribuito il risultato (nazionale) della Lega di Matteo Salvini che, pur ottenendo circa la metà dei consensi dei 5 Stelle, ha pur sempre incrementato in maniera più che significativa il precedente risultato elettorale, finendo per diventare il partito guida della sua coalizione, vincendo in alcuni collegi del centro e addirittura doppiando il risultato di Forza Italia in quasi tutti i collegi del nord.

Pertanto, in conseguenza degli accordi elettorali delle 4 formazioni che la costituiscono, Matteo Salvini è il candidato in pectore che Berlusconi, Fitto e Meloni indicheranno a Mattarella per essere incaricato di trovare una maggioranza che possa formare il nuovo governo.

Salvini, presentatosi lunedì in conferenza stampa, oltre a mostrarsi naturalmente ed ovviamente soddisfatto per il risultato ottenuto, ha dichiarato di essere intenzionato a prestar fede agli accordi elettorali che hanno dato vita alla coalizione di centrodestra.

Quindi, in base alle ipotesi del dopo voto, al momento sembrerebbe scartata l'ipotesi di un'alleanza tra i due veri vincitori di queste politiche: Lega e Movimento 5 Stelle.

In ogni caso, nonostante tutte le alchimie possibili e immaginabili nella distribuzione dei seggi a Camera e Senato, la coalizione di centrodestra non sembra abbia la possibilità di trovare quei seggi che potrebbero garantire a Salvini l'approdo a Palazzo Chigi.

Più o meno per lo stesso motivo, anche per i 5 Stelle si prospetta l'impossibilità di formare un governo a guida Di Maio... anche in questo caso mancano i numeri. Rispetto al centrodestra, però, i grillini non hanno mai parlato di alleanze o coalizioni, ma di accordi nel dopo voto per dare il via a quello che sarebbe identificabile come governo di minoranza con una maggioranza che, di volta in volta, verrebbe garantita dal Parlamento sui singoli provvedimenti in votazione.

Che quanto sopra descritto sia possibile, almeno tecnicamente, non c'è alcun dubbio. Che poi sia realizzabile è tutto da vedere, anche in base a quanto deciderà il presidente della Repubblica Mattarella. Finora, ad esempio, che un presidente della Repubblica abbia dato il via ad un governo di minoranza è accaduto solo una volta e la sua durata è stata comunque molto breve.

Sarà però dopo l'assegnazione dell'affidamento del primo incarico a formare il nuovo governo che Mattarella ci farà capire le sue intenzioni che, in ogni caso, non potranno prescindere da ciò che i raprpesentanti dei partiti eletti gli diranno in fase di consultazioni.

Tra i possibili colpi di scena, a dire il vero estremamente fantasiosi se non addirittura fantascientifici, potrebbe esserci quello di un ripensamento del Partito Democratico sulle alleanze, con i suoi eletti - una volta fatto dimettere Renzi da segretario - che per evitare di tornare al voto e perdere la garanzia di uno stipendio da diverse migliaia, potrebbero persino garantire la nascita e la sopravvivenza di un governo pentastellato, pur di far continuare la legislatura per i prossimi cinque anni.

La vicinanza ideologica di alcuni ministri pentastellati a politiche economiche di stampo keynesiano potrebbe anche far crescere il seme di questa possibilità che - in base a quanto dichiarato da Di Maio prima del voto, con i 5 Stelle disposti a parlare ed ascoltare chiunque fosse stato eletto - non può essere scartata a prescindere.

In tutto questo, da notare l'ironia della situazione che vede l'attuale presidente della Repubblica - che finora aveva fatto finta di non vedere che cosa gli venisse di volta in volta proposto dai governi a guida Pd, firmando la qualunque senza aprir bocca e finendo per approvare leggi evidentemente antiscostituzionali come ad esempio l'Italicum - dover adesso prendere delle decisioni che dovranno, gioco forza, scontentare qualcuno. È la prima volta che è costretto a farlo e sarà interessante, se non divertente, vedere quali saranno le sue scelte.