La mattina del secondo giorno alle 6 sono sveglio, ma rimango ancora un po’ a sonnecchiare, avvertendo più del giorno prima i postumi dell’influenza; mi attardo con la colazione, nell’attesa che quel polmone di un notebook si avvii, e intanto do una riordinata ai vari settori del comò.
Dopo aver risposto alle prime telefonate di cordoglio di chi ha saputo e mi chiede come e dove è successo (…) e aver rassicurato tutti sulle mie condizioni, mi metto subito al lavoro per riorganizzare la vacanza, e mi accorgo che ho scelto l’estate peggiore per farlo, considerato il fatto che quella di quest’anno era stata programmata in tempo ed in modo articolato, nell’intenzione di vivere esperienze diverse…; ma niente panico: possiamo farcela!
Tra tentativi di spostamento date, ricerca di alternative ed equilibrismi vari se ne va gran parte della giornata, insieme ai soliti pasti con videochiamata annessa con tanto di special guests a sorpresa; giusto il tempo di realizzare che in tv non c’è niente di interessante e sono di nuovo tra le braccia di Morfeo…
Il terzo giorno inizia un po’ meno presto degli altri, anche perché capisco che il resto della famiglia sta probabilmente smaltendo la tensione dei giorni precedenti indugiando nel riposo; quindi colazione più tardi e un po’ di insano girovagare sul web tra notizie più o meno improbabili; poi riordino le poche idee già sveglie e, facendo appello alle mie già scarse capacità creative, provo a scrivere per riesumare un blog fermo al 4 dicembre 2021…
La vacanza intanto langue, e allora tra chat on line, call center d’oltremanica e siti specializzati mi sforzo di far combaciare ogni tessera, ma il mosaico ancora non è completo, anzi, forse è fin troppo abbondante, se è vero che mi ritrovo con quattro appartamenti prenotati… (anche se ancora cancellabili)
In serata va in scena un animato consiglio di famiglia per deliberare definitivamente, seguito da doccia tonificante e cocktail di vitamine, magnesio e potassio; niente febbre, niente tachipirina e…, niente sonno. Riprendo a scrivere in posizione tricliniare, mi giro e mi rivolto fino a sentire distintamente la schiena chiedere pietà; allora chiudo il mio turbo notebook e mi ci rannicchio accanto in posizione fetale, poi non ricordo più niente…
La mattina seguente, per la cronaca quella del quarto giorno, pur aprendo gli occhi di buonora, temporeggio un po’, per non dare la sensazione dello smanioso iperattivo; poi mi dedico anima e corpo alla cancellazione delle prenotazioni superflue, traendo un senso di appagamento per essere quasi riuscito a districare la matassa limitando i danni. Passeggio nervosamente scalzo tra un lato del letto e l’altro, come fossi in sala d’attesa dal dentista, quando mi accorgo che i settori inizialmente delineati sul comò cominciano a cambiare assetto: il bicchiere è sul punto di sconfinare nel reparto medicinali, il termometro è ormai nella terra di nessuno e i fazzoletti sono in bilico sul bordo. Do un’aggiustata sommaria al disordine spontaneo causato quasi sicuramente dal surriscaldamento globale, chiedo ai carcerieri di poter avere una sedia, e mi rituffo annoiato nel Blog. Serata fiacca, almeno fino a quando il web mi ricorda che il giorno dopo ricomincia il campionato di calcio: vado a letto pregustando una due giorni fantozziana a base di frittatona di cipolle e…rutto libero!! (nel mio caso pizza e Coca Cola…)
Il risveglio del quinto giorno è nel segno dell’indolenza, un misto tra noia e insofferenza: la monotonia comincia a prevalere sugli iniziali propositi di solerte laboriosità. Anche i carcerieri allentano le misure di sicurezza e, accordandomi fiducia vigilata, mi permettono di uscire autonomamente dalla cella per ritirare il vassoio della colazione appoggiato sulle scale: rapido sguardo d’intesa e di nuovo isolato. Mi faccio la barba per evitare di assumere le sembianze di Silvio Pellico, cambio pantaloncini e maglietta giusto per attirare l’attenzione dello specchio, sotto al quale la superfice del comò è ridotta ad una massa informe di oggetti vari ormai sul punto di unificarsi tra loro; con entrambi le mani procedo ad una rapida quanto inefficace rimescolata e mi volto rapidamente, con l’aria colpevole di chi sa di averla fatta grossa ma è consapevole che nessuno lo verrà mai a sapere…
Piccolo esercizio di scrittura e suona la campanella del pranzo: mentirei se dicessi che ho fame, ma temo che saltare l’appuntamento potrebbe farmi perdere l’orientamento biologico faticosamente conquistato con il tempo; quindi ritiro il vassoio e consumo senza neanche chiedermi cosa. Pisolino per ammazzare l’attesa e finalmente il momento tanto agognato: la partita, la prima del campionato dopo quasi tre mesi di astinenza. Chiedo ai carcerieri, che devo ammettere gentili e premurosi, una bibita e qualcosa da stuzzicare per l’occasione, e vengo subito accontentato.
Passo quasi due ore di adrenalina pura, un’interminabile espulsione di tossine al termine della quale mi guardo intorno alla ricerca di qualcuno con cui confrontarmi: la sveglia lampeggia e il ventilatore sembra evidentemente in altre faccende affaccendato; allora subito telefonata tecnica con mio padre, prima che svanisca l’euforia polemica di una vittoria rocambolesca della mia Lazio…
Il sole è ormai tramontato da qualche ora, solo il tempo di addormentarmi davanti agli altri gol della giornata…
vai alla prima parte - continua…
Paolo Scafati