Breve sintesi sul livello raggiunto dagli studi teologici e sul pensiero della manualistica di fine XIX e inizio XX secolo.


La teologia classica del XIX secolo, di derivazione medioevale, doveva fare i conti con il radicale mutamento economico e sociale, che stava portando l’Occidente verso la modernità. L’aumento generale del tenore di vita e l’atteggiamento scientifico nuovo sono eventi così eclatanti che finiscono per generare strappi anche nel modo di intendere  il rapporto con il divino. Il protestantesimo definiva la teologia “liberale”, in quanto essa affermava da un lato il valore supremo della fede cristiana, dall’altro portava i valori del liberalismo ottocentesco. Secondo questa corrente teologica, la fede, in quanto sentimento che si pone a fondamento e opera una congiunzione tra i diversi aspetti della cultura occidentale, è garante di quei valori di libertà fatti propri dal pensiero liberale. I suoi maggiori esponenti sono Albrecht Ritschl, Adolf von Harnack e Ernst Troeltsch.[1]

Il modernismo, in ambito cattolico, è stato, senza dubbio, un momento assai confuso di crisi, che ha investito tanto la teologia quanto l’esperienza della fede, nell’arco di tempo che si estende tra il primo e il secondo decennio del secolo XX.[2] 

Per rispondere al modernismo, la Chiesa Cattolica aveva proposto di riscoprire il pensiero tomista, aperto comunque alla riflessione contemporanea. Le indicazioni contenute nell’enciclica Qui pluribus (1846) di Pio IX e nella costituzione Dei Filius del Concilio Vaticano I (1870), la rivalutazione della filosofia tomista operata qualche anno più tardi dall’Aeterni Patris (1879) di Leone XIII, e infine gli interventi disciplinari e dottrinali, diretti contro il modernismo, venivano tradotti dall’apologetica d’ispirazione neoscolastica, secondo un programma che avrebbe dovuto elaborare una trattazione della credibilità, centrandola sulla proposta di una analysis fidei e su una sistematica filosofico - razionale delle rationes credibilitatis.[3] All’interno di una più estesa trattazione della credibilità e della fede, basandosi sul versetto paolino della convenienza di un culto a Dio “secondo ragione” (Rm 12,1),[4] l’enciclica Qui pluribus afferma che esistono “molti ammirevoli e luminosi argomenti (argumenta) in base ai quali la ragione umana deve essere perfettamente convinta che la religione di Cristo è divina”.[5] Qualche anno più tardi, la costituzione Dei Filius ha parlato esplicitamente di “segni” (signa) della credibilità e della divinità della Rivelazione (non di rationes, come ha fatto invece la manualistica successiva), riconducendoli sostanzialmente a tre: i miracoli, le profezie e la Chiesa.[6] 

Va ricordato anche che la concezione della fede, elaborata dall’apologetica[7] e dalla specificità del collocamento del tema della fede all’interno dello schema delle demonstrationes, ebbero il loro punto di riferimento d’indubbia autorità nella Dei Filius, costituzione sulla fede cattolica del Concilio Vaticano I.[8] Questa prospettiva della Dei Filius, destinata ad avere grande influenza sul pensiero della manualistica neoscolastica, (molto schiva) fu quella che i miracoli e le profezie venivano lì qualificati come “segni certissimi della divina Rivelazione, adatti alla ragione e all’intelligenza di tutti (signa certissima et omnium intelligentia accomodata)”.[9] Un canone doveva ribadire che non è possibile negare l’esistenza di segni esteriori - la cui origine, cioè, rimanda al di là dell’esperienza interiore del soggetto - né affermare che gli uomini debbano essere mossi alla fede nella Rivelazione, esclusivamente sulla scorta di fattori interiori o di rivelazioni private.[10] Sebbene buona parte dei “segni” indicati negli interventi del Magistero fossero di per sé indissociabili dalla Rivelazione, non vi è dubbio che la metodologia, in seguito adottata dai manuali,[11] doveva essere debitrice alla filosofia più che alla teologia, in quanto l’analisi razionale si giovava soprattutto del contributo di argomenti storico-empirici e della logica dell’inferenza. 

Nel 1950, Papa Pio XII, con l’enciclica Humani generis avvertiva che occorreva porre un argine alla tendenza della filosofia contemporanea. Dunque il neotomismo si prefiggeva di riprendere e rivalutare il sistema filosofico di Tommaso d’Aquino e farne oggetto di riflessione applicata alle tematiche moderne. Viene quindi riproposto il progetto di giustificare le verità di fede per mezzo della ragione e dare nuovo vigore alla metafisica, svalutata non solo dalla scienza, ma anche dai movimenti modernisti. Tra i molti pensatori che si possono inserire in questa importante corrente di pensiero, vanno ricordati Jacque Maritain (1882-1973) e Gustavo Bontadini (1903-1990).

Negli anni 1950 - 60’ il pensiero della dottrina cristiana e della teologia era esposto in un linguaggio comprensibile a tutti, generalmente in forma dialogica. Esso, attingendo dalle due Fonti della Rivelazione (S. Scrittura e Tradizione) contiene, in modo succinto ed organizzato, l’insegnamento della Chiesa che viene diviso in tre parti:

1.     verità per il credente (dogma)

2.     doveri da comprendere (morale)

3.     mezzi da usare (sacramenti e orazione)

 La teologia dogmatica, infatti, studiava le verità rivelate da Dio e proposte dalla Chiesa alla fede dei cristiani. La teologia morale, invece, ricorrendo spesso al termine precetto, studiava le norme della vita cristiana per il raggiungimento del nostro fine ultimo.[12] 


d. Gregorio - Grzegorz Stanislaw Łydek

 

 


 
[1] t. teimaris, Thirty years of the international theological dialogue, in “Nicolaus”, Rivista di teologia ecumenica - patristica, facoltà teologica pugliese - istituto di teologia ecumenica - patristica, 11(2013) Bari, pp. 161-162.
[2] Cf. p. sguazzardo, Sant’agostino e la teologia trinitaria del xx secolo, Città Nuova, Roma 2006, p. 74.
[3] Allo scopo di comprendere lo stile della dimensione apologetica nella teologia del XIX secolo, è necessario richiamare brevemente la trattazione razionale neoscolastica della credibilità. Questa soleva iniziare esponendo il contenuto dei praeambula fidei, verità religiose e morali che potevano essere conosciute dalla ragione naturale senza alcun contributo della Rivelazione, verità di ragione che non causavano la fede, ma la preparavano e ne erano, appunto, come i preamboli. Si procedeva quindi con la discussione delle rationes credibilitatis, ovvero quei motivi che rendevano possibile credere, facendone un atto ragionevole: r. fisichella, Credibilità, in Dizionario di Teologia Fondamentale; r. latourelle - r. fisichella (a cura di), Cittadella, Assisi 1990, pp. 212-230. Fra i riferimenti classici per l’impostazione neoscolastica: a. gardeil, Crédibilité, in Dictionnaire de théologie catholique, vol. III, pp. 2001-2310; g. lagrange, De Revelatione, pp. 515-556; s. tromp, De Revelatione Christiana, Pontificia Università Gregoriana, Roma 1945, pp. 61-106. Per una disamina storica delle problematiche coinvolte, r. aubert, Le problème de l’acte de foi. Données traditionelles et résultats de controverses récents, Warny, Louvaine 1950 e, più sinteticamente, id., Questioni attuali attorno all’atto di fede, in Problemi e orientamenti di Teologia Dommatica, Marzorati, Milano 1957, vol. II, pp. 655-708. Sulla problematicità dell’analysis fidei, come impostata dalla neoscolastica, e sulle differenze rispetto all’originaria visione medievale: g. colombo, Grazia e libertà nell’atto di fede, in r. fisichella, Noi crediamo. Per una teologia dell’atto di fede, Dehoniane, Roma 1993, pp. 39-57. 
[4] Vedi f. ardusso, Fede (atto di), in Dizionario Teologico Interdisciplinare, vol. II, Marietti, Torino 1977, pp. 176-192.
[5] pio ix, Lettera Enciclica - Qui pluribus, L.E.V. Città del Vaticano 1946.
[6] Cf. concilio vaticano i, Costituzione dogmatica - Dei Filius, 24 aprile 1870, DH 3009 e 3012.
[7] Le linee essenziali che hanno guidato il passaggio dall’Apologetica cattolica alla Teologia fondamentale possono rintracciarsi, ad. es., in h. bouillard, De l’apologétique à la théologie fondamental, in Le Quatre Fleuves 1(1973), pp. 23-31; c. colombo, Dall’apologetica alla Teologia fondamentale, in Teologia 6 (1981), pp. 232-242; r. latourelle, Nuova immagine della Teologia Fondamentale, in Problemi e prospettive di teologia fondamentale, a cura di r. latourelle - g. o’collins, Queriniana, Brescia 1982, pp. 59-84; d. tracy, Necessità e insufficienza della Fondamentale, in ibid., pp. 41-58; r. latourelle, Teologia Fondamentale: storia e specificità, in Dizionario di Teologia Fondamentale, r. latourelle - r. fisichella (a cura di), Cittadella Assisi 1990, pp. 1248-1257; g. lorizio, Teologia Fondamentale, in La teologia del XX secolo: un bilancio, g. canobbio - p. coda (a cura di), Città Nuova, Roma 2003, vol. I, pp. 391-499; p. sguazzardo, Storia della teologia fondamentale, in Teologia Fondamentale, g. lorizio (a cura di), vol. I, Città Nuova, Roma 2005, pp. 237-339.
[8] Cf. l. zak, La riflessione sulla fede nella teologia fondamentale, in “Lateranum” 78 (2007), pp. 56-57.
[9] DH 3009.
[10] DH 3033.
[11] Va certamente riconosciuto all’apologetica della prima metà del Novecento di non avere mai proposto le verità di ragione come “motivi della fede”, bensì come “motivi della credibilità della fede”.
[12] Cf. b. bartman, Teologia dogmatica, Roma 1949, pp. 123-124.
[13] p. sguazzardo, L’unione ipostatica nel contesto della cristologia del manuale. Alcune considerazioni sul modello della cristologia del manuale e sui suoi limiti, in “Lateranum” 78(2012), p. 612.
[14] Infatti, quello che viene richiesto a tale strumento è fornire un compendio agile e sintetico della riflessione teologica, capace di trasmettere al clero tutte quelle nozioni necessarie per la predicazione, l’amministrazione dei sacramenti e la catechesi. In questo modo, però, si favoriscono almeno due conseguenze che sono a discapito del manuale stesso. Intanto, la sintesi del trattato di teologia è tale per cui essa viene intesa non nel senso dello sviluppo pastorale delle intrinseche doti della teologia, ma nel senso di una attrazione riduttiva: l. serenthà, La teologia delle prefazioni. Appunti per una storia del manuale, p. 230; c. vagaggini, Teologia, pp. 1629-1630. In altre parole, il manuale non sosterrà l’elaborazione di una sintesi creativa e speculativamente originale dei temi trattati, ma, nel corso del tempo, tenderà sostanzialmente alla ripetizione uniforme e quasi monotona di questi stessi temi. Inoltre, a seguito della “forte contestazione della riforma protestante e delle correnti del pensiero razionalista, agnostico e positivista, sviluppatesi nella cultura moderna”; g. pozzo, La manualistica, in e. dal covolo - g. occhipiniti - r. fisichella, Storia della Teologia, vol. III, EDB, Bologna 1996, p. 314.
[15] Cf. l. serenthà, La teologia delle prefazioni. Appunti per una storia del manuale, pp. 230-231; g. pozzo, La manualistica, p. 314.
[16] Cf. p. sguazzardo, L’unione ipostatica nel contesto della cristologia del manuale, p. 613.
[17] a. duval, Cano (Melchior), in Catholicisme. Hier aujourd’hui demain, p. 1; g. h. baudry - g. mathon (edd.), Latourey et Ané, Paris 1948, pp. 465-467.
[18] Il passaggio dalla quaestio alla thesis si caratterizza per essere uno degli elementi significativi del mutamento di prospettiva che avviene a seguito dell’adozione della teologia del manuale. Infatti, se la quaestio orientava il discorso alla ricerca e alla soluzione dei problemi posti dalla riflessione teologica, la thesis, invece, assolverà sempre più al compito apologetico che la manualistica s’impone: difendere le verità espresse dalle auctoritates della Scrittura e della Tradizione prima, e del Magistero poi cf. c. vagaggini, Teologia, p. 1629; p. coda, Teo-Logia, p. 139.
[19] Cf. g. pozzo, La manualistica, p. 312.
[20] Heinrich Denzinger (1819 - 1883) fu professore di teologia a Würzburg. Qui, nel 1854, pubblicò la prima edizione del suo Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et morum, successivamente affiancato nel compito di aggiornamento da A. Schönmetzer. L’opera, innegabilmente utile, non contestualizza sotto il profilo critico i diversi asserti e pone sullo stesso piano enunciati diversi, senza una attenta valutazione ermeneutica. La definizione, invece, di Denzinger - Theologie è da ascriversi a K. Rahner che più volte la menziona nei suoi saggi.
[21] p. sguazzardo, L’unione ipostatica nel contesto della cristologia del manuale. Alcune considerazioni sul modello della cristologia del manuale e sui suoi limiti, in “Lateranum” 78(2012), pp. 613-615.
[22] l. serenthà, La teologia delle prefazioni. Appunti per una storia del manuale, pp. 241-242.
[23] I più significativi e paradigmatici esempi di manuale sono analizzati nell’articolo di l. serenthà, La teologia delle prefazioni. Appunti per una storia del manuale, pp. 236-255.
[24] Cf. p. sguazzardo, Sant’Agostino e la teologia trinitaria del XX secolo, pp. 80-95.
[25] Cf. m. bordoni, Cristologia: lettura sistematica, in G. CANOBBIO e P. CODA, La teologia del XX secolo - un bilancio. 2. Prospettive sistematiche, Città Nuova, Roma 2003, pp. 5-6.