Di seguito alcuni commenti al provvedimento di "ordine pubblico" del ministro dell'Interno Piantedosi, licenziato nel Cdm del 31 ottobre, in cui

"si modificano le norme relative all'invasione di terreni o edifici, pubblici o privati, con la previsione della reclusione da 3 a 6 anni e della multa da 1.000 a 10.000 euro, se il fatto è commesso da più di 50 persone allo scopo di organizzare un raduno dal quale possa derivare un pericolo per l'ordine pubblico o la pubblica incolumità o la salute pubblica. Nel caso di condanna o applicazione della pena su richiesta delle parti, si prevede la confisca delle cose utilizzate per commettere il reato".


Antonio Nicita
, senatore del Partito democratico e professore ordinario del dipartimento di Giurisprudenza dell'Università di Palermo:

"La norma cosiddetta contro i “rave party” per come è stata scritta non ha alcun senso giuridico. Scritta con i piedi. Inapplicabile per eccesso di discrezionalità e imprecisione definitoria, con rischi di abusi ad ogni angolo. Da non crederci.Peraltro se in due gruppi di 49 persone vi situate in due terreni limitrofi non c'è reato. Se invece in 50 organizzate un flash mob di protesta (e non solo) dal quale secondo qualcuno può derivare un pericolo (ex tunc? ex nunc?) allora rischiate la galera.Invasione di terreno (trespass) e occupazione sono sinonimi nella norma? E che cos'è un'invasione “arbitraria” rispetto ad una non arbitraria? Qual è la differenza tra organizzare, promuovere e partecipare?Cosa definisce un raduno illegale in un luogo pubblico e in uno privato?Per me è esemplare di come, al di là del merito, una norma NON vada scritta. La aspettiamo in Senato in sede di conversione. Se il buongiorno si vede dal mattino…"


Angelo Schillaci
, professore associato di Diritto pubblico comparato alla Sapienza di Roma:

"Ho aspettato di leggere la disposizione introdotta dal Governo prima di commentare.Le mie preoccupazioni sono state confermate: i rave c'entrano poco o nulla (non da ultimo perché, volendo, le norme per intervenire c'erano già.Viene piuttosto messa a rischio la libertà di riunione, costituzionalmente garantita dall'articolo 17.Una libertà considerata talmente essenziale alla qualità della vita democratica, che non sono mai previste autorizzazioni per il suo esercizio, ma solo il preavviso per le riunioni da tenersi in luogo pubblico; e che il mancato preavviso non è in sé causa di scioglimento della riunione, che può essere sciolta (in ogni caso, e cioè sia essa preavvisata o meno) solo quando sussistono “comprovati motivi” di “sicurezza o di incolumità pubblica”.Nel caso di cui al nuovo reato di “invasione” (le parole sono importanti, diceva quello) non c'è nulla di tutto questo: piuttosto, una valutazione di pericolosità a priori (“quando… possa derivare”) che, a mio modo di vedere, si pone chiaramente in contrasto con l'articolo 17. Ed è solo uno dei profili controversi (Libertà di riunione - Treccani).Insomma, il lavoro riprende da dove si era interrotto e, in particolare, dagli articoli 6 e 7 del decreto sicurezza bis (d.l. n. 53/2019, Salvini ministro, Piantedosi capo di gabinetto), peraltro (e colpevolmente) mai toccati dai successivi governi".

Enzo Di Salvatore, Professore ordinario di Diritto costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Teramo:

"Il reato di “invasione di terreni o edifici per raduni pericolosi per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica” - introdotto ieri con decreto-legge (e già in vigore - senza vacatio legis - a seguito della pubblicazione sulla gazzetta ufficiale) - a me pare assai problematico. Il nuovo art. 434-bis del codice penale - che non si applica soltanto ai rave party - si apre (insolitamente) con una definizione: “l’invasione per raduni pericolosi per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica consiste nell’invasione arbitraria di terreni o edifici altrui, pubblici o privati, commessa da un numero di persone superiore a cinquanta, allo scopo di organizzare un raduno, quando dallo stesso può derivare un pericolo per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica”. Esso poi chiarisce: “chiunque organizza o promuove l’invasione di cui al primo comma è punito con la pena della reclusione da tre a sei anni e con la multa da euro 1.000 a euro 10.000”; e soggiunge: “per il solo fatto di partecipare all’invasione la pena è diminuita”.In realtà, l’invasione di terreni o edifici è già reato nel nostro ordinamento. Si tratta di un “delitto contro il patrimonio”. L’art. 633 del codice penale prevede, infatti, che “chiunque invade arbitrariamente terreni o edifici altrui, pubblici o privati, al fine di occuparli o di trarne altrimenti profitto, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a due anni o con la multa da 103 euro a 1.032 euro”. Qui la ratio è chiara. Il legislatore si propone di tutelare la proprietà (anche pubblica) dall’occupazione o dall’utilizzo di chi non ha titolo per farlo: si invade per occupare; non si invade per invadere, e cioè solo per accedere arbitrariamente al fondo altrui.Nel caso della nuova fattispecie di reato, invece, non si capisce quale sia la ratio: quale sarebbe il bene giuridico da tutelare? La previsione si risolve in una sorta di petizione di principio, giacché, nonostante si precisi: “quando dallo stesso può derivare un pericolo”, si ritiene pericoloso ciò che ancora attende di essere dimostrato come pericoloso (come risulta dal fatto che punita sia la semplice promozione dell’evento). Il problema a me pare concerna il principio di offensività: nel nostro ordinamento non può esserci un reato se non è chiaro quale sia il bene giuridico da tutelare, incidendo ogni nuova previsione di reato sulle libertà dei cittadini (e per questo il diritto penale dovrebbe costituire solo l’extrema ratio). Si dirà: ma il bene da tutelare è l’ordine pubblico, la sicurezza pubblica. Questo è evidente, ma qui è in ballo la libertà di riunione del cittadino (art. 17 della Costituzione), cui non può essere opposto un generalizzato limite dell’ordine pubblico. Non è un caso che le riunioni in luogo pubblico o aperto al pubblico non richiedano autorizzazione, ma solo preavviso all’autorità competente: la quale può vietarle solo “per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica”. Comprovati, appunto, non supposti". 
Benvenuti nel fantastico mondo governato da Giorgia Meloni, dove il rave party in un capannone isolato è un problema di ordine pubblico, mentre dei fascisti che sfilano per le vie di Predappio sono una consuetudine da preservare, dove medici no vax vengono richiamati in servizio per curare i pazienti con le pozioni di Panoramix e dove si diventa viceministro alle Infrastrutture, mascherandosi da nazista nelle feste di addio al celibato, come può testimoniare il "patriota" meloniano Galeazzo Bignami.




Crediti immagine: Palazzo Chigi, Roma, 31/10/2022 - Il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in conferenza stampa al termine del Consiglio dei Ministri n. 2.