Prima di stracciarci le vesti per i grossi difetti del sistema elettorale varato dalla Commissione affari costituzionali, ricordiamoci dello scoramento che avevamo provato meno di una settimana fa alla notizia della convergenza dei quattro maggiori partiti sulla bozza più brutta che fosse dato immaginare.

Spazzata via ogni velleità maggioritaria. Ripristinato il proporzionale. Intatti i capilista bloccati e i listini dei nominati. Escogitati i finti collegi uninominali al solo scopo di poter consentire a Matteo Renzi di raccontare la storia tragicomica del “consente a chi vota di sapere per chi ha votato”. Nessuna certezza per gli elettori di vedere sedere in Parlamento la persona per la quale avrebbero con tanta acuta consapevolezza votato. Moltissime le probabilità di eleggere invece con quel voto i nominati blindati.

Era questa la bozza su cui si era realizzato l’accordo fra i quattro Grandi. La legge che Matteo Renzi dichiarava “non” essere la sua, quella che non avrebbe mai voluto, ma della quale “se fosse stato un italiano, sarebbe stato contento”. La legge “del chi vota saprà per chi ha votato”.  La tiritera di un rapper.

Ebbene, qualcosa rispetto a tutto questo è cambiato e non in peggio.

Permangono irrisolti punti critici di rilievo - l’impossibilità del voto disgiunto, l’assenza delle preferenze, la ridefinizione dei collegi, le liste dei nominati- e tuttavia potrebbe succedere, a meno di sorprese dell’ultimo minuto, che alle prossime elezioni a qualcuno di noi capiti non soltanto di sapere per chi ha votato ma anche di avere in Parlamento la persona che ha scelto.

Non è “la legge della Merkel” ma non è neppure il pastrocchio indecente che Renzi aveva avuto la sfacciataggine di far passare per tale.

È un sistema proporzionale moderatamente corretto, suscettibile, secondo i sondaggi, di condurre facilmente a una situazione di ingovernabilità carica di incognite.

Le persone responsabili sono molto preoccupate. Coloro che aspirano a governare l’Italia sono invece parecchio soddisfatti.

Irrealistico, tuttavia, aspettarsi di meglio, considerati gli obbiettivi elettorali, e post-elettorali, delle forze in campo.

Grillo non ha tradito né imbrogliato: ha mediato, difendendo il più possibile gli interessi del suo movimento che, da sempre, coincidono con un sistema di voto proporzionale. Ha fatto ciò che in tanti gli consigliavamo di fare un giorno sì e l’altro pure: fai gli accordi, dimostra di saper fare i compromessi, se non li sai fare vuol dire che non hai il senso del governo, attento che se continui così avrai i voti degli iscritti e ti mancheranno quelli dei simpatizzanti.

Ha dato retta. Ha ottenuto ciò che ha voluto e potuto e non ha avuto ciò che non poteva o non gli conveniva avere. Tutto qui.

Salvini non è uno statista e non pretende di esserlo. Dare all’Italia una buona legge elettorale gli importa un fico secco e non lo nasconde. Vuole andare al voto e al governo quanto prima possibile. Non ha altre ambizioni. Gli avessero proposto anche il modello più stravagante della terra lo avrebbe accettato senza vergognarsene. Non potevamo aspettarci di più.

Renzi, se un maggioritario corretto, ma sano, lo avesse veramente voluto, avrebbe messo in sicurezza il Mattarellum nel suo momento di maggior consenso. Ha scelto diversamente. Si è inventato l’Italicum: un sistema sporco, incostituzionale, varato a colpi di fiducia. Ha fretta anche lui di andare al voto e, come Salvini, avrebbe accettato “la qualunque” pur di raggiungere il suo scopo. È stato nel futuro ma non ha imparato a fare meglio che nel passato. Chiacchiera tanto, ma è distratto. Non apprende.

Berlusconi, l’ideatore, non dimentichiamolo, del “modello tedesco” e regista dell’accordo, ha voluto giocare fino in fondo la sua nuova parte di padre nobile. Manovra impeccabile. Da buon diplomatico alla Stalin quale è, aveva costruito l’accordo su una base inamovibile, la soglia del 5%, dandosi, come obiettivo massimo (quello in cui cascano i gonzi o i malintenzionati), un sistema proporzionale puro camuffato con i collegi uninominali assolutamente finti, e come obiettivo minimo, ciò che effettivamente gli interessava ottenere, e ha ottenuto. Fate quel che volete ma se toccate i nominati e il voto congiunto faccio saltare il tavolo. Lo hanno preso sul serio.

Il risultato delle trattative in Commissione non poteva essere niente di diverso da quello che è stato: un compromesso per il bene di ognuno (di loro!).

Salvini potrà finalmente dormire la notte e sognare miriadi di moschee chiuse. Grillo ha scampato un pericolo a lungo temuto, con qualche contusione ma con le ossa ancora tutte intere. Berlusconi ha sancito definitivamente la sua leadership nel Nazareno 2.0. Renzi si è conquistato l’occasione per innalzare l’ennesimo monumento a se stesso, il grande accordo storico anziché la rissa, e per essere coerente scaricare su di noi (quelli che il 4 dicembre hanno votato "No") la colpa di questa legge elettorale che a lui, per quanti sforzi faccia, “non piace proprio” neanche un po’. Ben altro avrebbe voluto, lui che non è italiano!

Non lamentiamoci troppo. Viste le premesse, poteva andare molto peggio.

Il voto disgiunto meglio che ce lo scordiamo. Non interessa a nessuno o quasi, parola di Renzi: “nelle comunali viene usato soltanto dallo 0,2% dei votanti”.

Imparare a tacere almeno qualche volta...?