La patetica dichiarazione di Di Maio che teme che Salvini lo possa mandare a casa
Se mi aveste dato il 50% dei voti più uno, adesso avrei fatto questo e quello... Se Bersani non avesse perso le elezioni e io avessi oltre il 50% delle preferenze governerei in maniera diversa...
Per chi abbia un po' di memoria, queste erano le dichiarazioni di Berlusconi e Renzi quando qualcuno rimproverava loro certe scelte nel governo del Paese, non coerenti - in parte o del tutto - con le promesse elettorali dei partiti di riferimento.
Adesso è la volta di Di Maio, come riporta una sua lunga dichiarazione pubblicata via social: «Nel 2018 siamo stati votati da circa 11 milioni di italiani per realizzare un programma, ma soprattutto per riportare questo Paese al posto che merita nel mondo. Quegli 11 milioni di italiani però erano il 33%, non il 51%. Così, per riuscire ad ottenere i risultati promessi, abbiamo deciso di creare questo Governo con un'altra forza politica: la Lega. Abbiamo evitato alleanze e abbiamo sottoscritto un contratto».
Dopo aver dato per esaurito questo punto, Di Maio chiarisce anche un altro punto: «Il MoVimento ha deciso, dopo le elezioni europee, che io dovessi continuare ad essere il capo politico del Movimento. Da sempre ho incentrato il mio ruolo su un obiettivo: il MoVimento 5 Stelle al Governo per cambiare l'Italia. E così sarà».
A seguire, Di Maio la butta sul patetico, intestandosi il merito di aver licenziato «il Reddito di Cittadinanza, Quota 100, Legge Anticorruzione, Decreto Dignità, Decreto Crescita, Decreto Sblocca Cantieri, Taglio dei vitalizi, taglio delle pensioni d'oro, sblocco fondi per i comuni italiani, taglio di un terzo dei parlamentari, due miliardi di euro all'innovazione digitale e tanto altro. Ben 8 provvedimenti ogni 10 sono stati del Movimento 5 stelle».
Ma per fare tutto quello che sopra è stato elencato, che secondo lui sarebbe da considerare una specie di manna dal cielo, Di Maio, a suo dire, sarebbe stato costretto a fare i salti mortali, dividersi in quattro, pur di raggiungere quel po' po' di risultati...
«Ogni volta che sono riuscito a far approvare una proposta di legge che poi, una volta Legge, ci ha riempito di orgoglio, ho dovuto fare un accordo di maggioranza ad un vertice di maggioranza. Mi sono seduto al tavolo per ore e per notti intere ed ho contrattato ogni punto, visto che non abbiamo mai avuto una maggioranza autonoma. Ogni volta che abbiamo preso decisioni su leggi che hanno cambiato o cambieranno la vita a milioni di italiani, ho dato il massimo per trovare la quadra e ottenere il miglior risultato per i cittadini, nonostante le profonde differenze di vedute che c'erano all'interno del Governo. Ho fatto solo il mio dovere, ma questo non vuole dire che sia stato semplice».
Ed è per questo che Di Maio dice che a lui «non interessa se in buona fede o in mala fede, ma se qualcuno in questa fase destabilizza il MoVimento con dichiarazioni, eventi, libri, destabilizza anche la capacità del Movimento di orientare le scelte di Governo. Qui stiamo lavorando per il Paese, e questo non lo posso permettere. Abbiamo tutti una grande responsabilità. Sentiamola».
Con chi se la prende Di Maio? Con la senatrice Paola Nugnes che vuole lasciare il MoVimento 5 Selle, con quelli che lo hanno già lasciato, con Alessandro Di Battista che ha scritto un libro in cui ha dimostrato che Di Maio s è rimangiato quello che il Movimento aveva promesso...
Insomma, il capo politico dei 5 Stelle se la prende un po' con tutti quelli che stanno nel Movimento e gli ricordano - direttamente o indirettamente - che lui è diventato il servo sciocco di Salvini che non viene quasi mai neppure citato da Di Maio, se non nel seguente passaggio conclusivo della sua dichiarazione: «Tra l'altro destabilizzare il Governo in questo momento in cui il Presidente del Consiglio sta portando avanti una trattativa difficilissima con l'Unione Europea è da incoscienti, e questo lo dico sia al MoVimento che alla Lega. Non permetterò che nè io nè il MoVimento veniamo indeboliti da queste dinamiche. Ci mancherebbe altro. Ma è bene che tutti sappiano. Dobbiamo essere una testuggine, non un campo estivo!»
Ma quello alla Lega è un richiamo quasi sfuggito per distrazione a Di Maio che subito si riprende e conclude con questa lapidaria precisazione: «Ministro, parlamentare, attivista, cittadino. Un ruolo non è migliore dell'altro, per quanto mi riguarda. Ma tutti devono essere rispettati e ognuno stia al proprio posto».
In pratica, coloro che devono stare al proprio posto, sono i 5 Stelle (qualunque sia il loro ruolo: ministro, parlamentare, attivista o cittadino), mentre Salvini e la Lega, sempre secondo Di Maio, possono continuare a prenderlo a schiaffi, deriderlo, sbeffeggiarlo, umiliarlo e via di questo passo solo perché lui possa avere la possibilità di continuare a farsi chiamare ministro perlomeno ancora per i prossimi quattro anni, facendo credere che ciò riguardi l'interesse di tutti gli italiani!
Una necessità, quella di Di Maio, che comprende anche la possibilità di far affogare della gente in mare... nonostante questo, nel suo programma elettorale, non vi sia scritto.