Nell'udienza generale di questo mercoledì, come catechesi, papa Francesco ha trattato il tema di San Giuseppe patrono della buona morte. E sul tema non ha mancato di dare indicazioni su come la Chiesa interpreti il "come morire".

"Due considerazioni per noi cristiani rimangono in piedi. La prima: non possiamo evitare la morte, e proprio per questo, dopo aver fatto tutto quanto è umanamente possibile per curare la persona malata, risulta immorale l’accanimento terapeutico (cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2278). Quella frase del popolo fedele di Dio, della gente semplice: “Lascialo morire in pace”, “aiutalo a morire in pace”: quanta saggezza! La seconda considerazione riguarda invece la qualità della morte stessa, la qualità del dolore, della sofferenza. Infatti, dobbiamo essere grati per tutto l’aiuto che la medicina si sta sforzando di dare, affinché attraverso le cosiddette “cure palliative”, ogni persona che si appresta a vivere l’ultimo tratto di strada della propria vita, possa farlo nella maniera più umana possibile. Dobbiamo però stare attenti a non confondere questo aiuto con derive anch’esse inaccettabili che portano a uccidere. Dobbiamo accompagnare alla morte, ma non provocare la morte o aiutare qualsiasi forma di suicidio. Ricordo che va sempre privilegiato il diritto alla cura e alla cura per tutti, affinché i più deboli, in particolare gli anziani e i malati, non siano mai scartati. La vita è un diritto, non la morte, la quale va accolta, non somministrata. E questo principio etico riguarda tutti, non solo i cristiani o i credenti. Ma io vorrei sottolineare qui un problema sociale, ma reale. Quel “pianificare” – non so se sia la parola giusta – ma accelerare la morte degli anziani. Tante volte si vede in un certo ceto sociale che agli anziani, perché non hanno i mezzi, si danno meno medicine rispetto a quelle di cui avrebbero bisogno, e questo è disumano: questo non è aiutarli, questo è spingerli più presto verso la morte. E questo non è umano né cristiano. Gli anziani vanno curati come un tesoro dell’umanità: sono la nostra saggezza. Anche se non parlano, e se sono senza senso, sono tuttavia il simbolo della saggezza umana. Sono coloro che hanno fatto la strada prima di noi e ci hanno lasciato tante cose belle, tanti ricordi, tanta saggezza. Per favore, non isolare gli anziani, non accelerare la morte degli anziani. Accarezzare un anziano ha la stessa speranza che accarezzare un bambino, perché l’inizio della vita e la fine è un mistero sempre, un mistero che va rispettato, accompagnato, curato, amato.Possa San Giuseppe aiutarci a vivere il mistero della morte nel miglior modo possibile. Per un cristiano la buona morte è un’esperienza della misericordia di Dio, che si fa vicina a noi anche in quell’ultimo momento della nostra vita".

Per quanto riguarda il fine vita, Bergoglio fa un esempio "conveniente" in merito al suicidio assistito. Ma il problema, in  relazione a casi che riguardano, ad esempio, i malati terminali è ben diverso.

Infatti, quanto deve durare l'accanimento terapeutico? E quanto deve durare la sofferenza di un individuo prima che questo possa morire per cause naturali? E perché una persona dovrebbe soffrire per giorni, settimane o addirittura mesi quando nel suo orizzonte di vita c'è solo la certezza di dover comunque morire a breve e soffrire ogni istante che la separa dalla morte?

Diciamo che quella del Papa è stata una catechesi di comodo su un problema che dovrebbe essere lasciato alla coscienza del singolo e, quando non è possibile, a quella dei familiari. 

La Chiesa cattolica ha da sempre barattato la sofferenza con la salvezza e ha sfruttato la sofferenza anche a fini politici. Ma siamo sicuri che la sofferenza sia un valore, quando anche la Chiesa stessa dice di aiutare il prossimo? E come si può aiutare il prossimo lasciandolo soffrire? 

Il Papa su questo non ha dato alcuna indicazione.