L'inizio di ogni anno è tempo di bilanci e previsioni. Il centro studi della CGIA di Mestre ha pubblicato oggi le sue considerazioni sul futuro che ci attende nei prossimi dodici mesi, sulla base dei dati di Istat e Prometeia.
Secondo CGIA, la pressione fiscale per il prossimo anno si attesterà al 42,3%, lo 0,3% in meno rispetto a quella attuale. Il PIL aumenterà di circa un punto percentuale ed il lavoro crescerà con oltre 100mila nuovi assunti in più e 84mila disoccupati in meno.
Cifre non certo esaltanti e forse neppure confortanti, ma comunque positive. Dove sta il rovescio della medaglia? Nel fatto che il PIL italiano sarà comunque inferiore di mezzo punto rispetto a quello europeo, senza considerare che una parte di quella quota del PIL continuerà ad esser generata da fattori esterni, come il QE della BCE che sarà garantito per tutto anche per l'anno in corso, che non avranno un beneficio diretto sull'occupazione.
L’Ufficio studi della CGIA ricorda che "nel 2016 l’economia italiana è precipitata ai livelli del 2000, ovvero di 16 anni fa. I consumi delle famiglie, invece, che a causa della crisi sono crollati di 7,6 punti percentuali, li dovremmo riconquistare entro il 2021, mentre i circa 28 punti percentuali di investimenti bruciati in questi anni non prima del 2032".
Per tale motivo, il segretario della CGIA Renato Mason dichiara: «A differenza di quanto è successo per buona parte del 2016, speriamo che il Governo Gentiloni torni a discutere e a decidere sui grandi temi: come creare lavoro, quali politiche industriali sviluppare, come affrontare le sfide che l’economia internazionale ci pone.
Abbiamo bisogno di intervenire su questi argomenti, altrimenti rischiamo di veder aumentare le disuguaglianze sociali che stanno minando la coesione sociale del nostro Paese.»
Nell'analisi della CGIA, infine, non si fa cenno delle quasi certe elezioni politiche che tutti, ma proprio tutti, danno ormai per scontate e che si svolgeranno entro la prossima primavera. Quindi, è difficile, se non impossibile attendersi piani di sviluppo da parte di Gentiloni e dei suoi ministri che possano impegnare un governo che dovrebbe entrare in carica, al massimo, entro 4 o 5 mesi.
Quindi, anche per l'anno in corso non attendiamoci nulla di nuovo e di diverso rispetto a quelli che sono diventati i compagni della nostra quotidianità: tasse, crisi, lavoro, disoccupazione.