La Gran Bretagna esce dall'Unione Europea ed ancora non si sa quali saranno le conseguenze sul piano economico e sociale, anche per l'Europa. Ed in questa incertezza rientrano anche le regole che riguardano anche mondi più ristretti, ma non certo meno importanti, per interesse e fatturato, come quello del calcio.

Che cosa cambierà nel calcio inglese dopo la Brexit? La Premier League è uno dei campionati più importanti al mondo, se non il più importante in termini di audience e fatturato. Il successo della Premier è fatto dagli sponsor e dai calciatori e costoro non sono tutti britannici... anzi, è vero piuttosto il contrario, almeno per quanto riguarda i più bravi ed i più pagati.

Con l'uscita dall'Europa, i calciatori europei che giocano nei campionati britannici potrebbero essere considerati extracomunitari, dipenderà da come cambieranno i trattati che regolano i rapporti tra Gran Bretagna ed Europa. In base a ciò molti campioni francesi, spagnoli, portoghesi, tedeschi e alcuni italiani, secondo le attuali regole britanniche, non avrebbero i requisiti per ottenere il permesso di lavoro necessario per giocare in Gran Bretagna.

Secondo il Telegraph, sarebbero più di 100 i giocatori che potrebbero perdere il proprio permesso di lavoro e dunque non potrebbero più giocare nei club di Premier. In base alle attuali regole, Payet, Kante e Martial, tanto per fare alcuni esempi, non potrebbero giocare nel West Ham, nel Leicester e nel Manchester United.

Un altro aspetto non certo secondario che la Brexit potrebbe avere nel mondo del calcio britannico in generale ed in quello inglese in particolare è l'acquisto di giovani promesse da altri paesi europei. Ad oggi, all'interno della UE, sono permessi i trasferimenti di giovani calciatori che abbiano compiuto almeno 16 anni. Questo non è permesso per calciatori extra UE. Manchester e Arsenal, per fare un esempio, in passato hanno approfittato e molto della possibilià di "saccheggiare" giovani talenti da altri campionati.

In futuro, è possibile che le squadre di Premier dovranno allevarsi in casa i campioni di domani. E forse ne potrà giovare il movimento calcistico britannico e le sue nazionali.