Nel pomeriggio di martedì, Biden si è presentato alla stampa per commentare il contenuto della riunione del G7 che si era tenuta poco prima sull'Afghanistan, ma invece di iniziare con quell'argomento ha voluto prima ricordare i passi avanti fatti al Congresso dal piano di rilancio post pandemia, quello che potremmo definire il Pnrr made in Usa.

Un modo, per Biden, per dire agli americani che c'è qualcosa di ben più importante di cui occuparsi rispetto alla ritirata dall'Afghanistan... insomma, un modo per cercare di mettere in secondo piano quello che tutti - a partire dall'opposizione repubblicana - definiscono un disastro.

"Fino a questo pomeriggio - ha detto Biden -  abbiamo aiutato a evacuare 70.700 persone, solo a partire dal 14 agosto; 75.900 persone dalla fine di luglio.Solo nelle ultime 12 ore, altri 19 voli militari statunitensi, 18 C-17 e un C-130 che trasportavano circa 6.400 sfollati e 31 voli della coalizione che trasportavano 5.600 persone hanno lasciato Kabul... solo nelle ultime 12 ore. Un totale di 50 voli in più, 12.000 persone in più dall'ultimo aggiornamento di questa mattina.Questi numeri sono una testimonianza degli sforzi e del coraggio delle nostre donne e dei nostri uomini in servizio, dei nostri diplomatici sul campo a Kabul e dei nostri alleati che ancora operano insieme a noi.Abbiamo avuto una discussione produttiva, c'era un forte accordo tra i leader del G7, sia sulla missione di evacuazione in corso, sia sulla necessità di coordinare il nostro approccio in futuro riguardo l'Afghanistan.Riguardo l'evacuazione, abbiamo concordato che continueremo la nostra stretta collaborazione per far uscire le persone nel modo più rapido e sicuro possibile. Al momento siamo sulla buona strada per terminare l'evacuazione entro il 31 agosto. Prima finiamo, meglio è. Ogni giorno di operazioni comporta un rischio aggiuntivo per le nostre truppe. Ma il completamento dell'evacuazione entro il 31 agosto dipende dal fatto che i talebani continuino a cooperare e permettano l'accesso all'aeroporto a coloro che devono essere evacuati e che non ci sia nessuna interruzione nelle operazioni. Inoltre, ho chiesto al Pentagono e al Dipartimento di Stato dei piani di emergenza per rivedere il calendario qualora ciò si rendesse necessario. ...Finora, i talebani hanno agito per lavorare con noi in modo da poter far uscire la nostra gente, ma è una situazione delicata. Abbiamo già avuto uno scontro a fuoco. Corriamo un serio rischio che l'attuale equilibrio si possa rompere con il passare del tempo".

Biden ha parlato anche di quelli che saranno in futuro i rapporti con i talebani:

"Insieme agli altri leader del G7 abbiamo concordato che nessuno di noi crederà alla parola dei talebani. Li giudicheremo dalle loro azioni e ci coordineremo in relazione a tutti i passi da adottare in risposta al comportamento dei talebani.Allo stesso tempo, abbiamo rinnovato il nostro impegno umanitario nei confronti del popolo afghano e sostenuto una proposta del Segretario generale Guterres riguardo ad una risposta internazionale, guidata dalle Nazioni Unite, per un accesso umanitario illimitato in Afghanistan".

Poi Biden ha ricordato l'obbligo di sostenere i rifugiati e gli sfollati in fuga dall'Afghanistan, sia da parte degli Stati Uniti che degli alleati che hanno operato in Afghanistan, rassicurando sugli americani che chi arriverà nel Paese non sarà un nemico degli Usa, sottolineando che alle migliaia di afgani arrivati e in arrivo sarà riconosciuto lo status di rifugiato:

"Stiamo già lavorando a stretto contatto con le organizzazioni di rifugiati per ricostruire un sistema che è stato intenzionalmente distrutto dal mio predecessore".

Infine, Biden ha concluso ricordando che la missione in Afghanistan era una missione nata per fermare Al Qaeda e che in tal senso ha avuto pieno successo, aggiungendo che non per questo verrà meno l'attenzione di possibili ulteriori minacce terroristiche che possano trovare supporto nei talebani.


E a proposito dei talebani, il Manifesto ha ricordato che è  appropriato confrontare la caduta di Saigon nel 1975 con quella di Kabul, perché entrambi gli eventi segnano una pietra miliare nelle relazioni internazionali, aggiungendo però che chi si rammenta il momento in cui l'ultimo soldato americano ha lasciato Saigon non prova certo oggi gli stessi sentimenti: dopo lunghe guerre coloniali e imperialiste, i Vietcong emergevano come un gruppo capace di prendere in mano il paese e di avviarne la ricostruzione. Nessuno oggi nutre la stessa fiducia nei confronti dei Talebani e se molti erano felici di celebrare la liberazione del Vietnam, non c'è stato nessuno che oggi ossa pensare alla liberazione dell'Afghanistan.