Il tetto al prezzo del petrolio russo, per Zelensky, non avrebbe dovuto superare i 30 dollari al barile. Pertanto, quello di 60 dollari concordato da Ue e Paesi del G7 e Australia relativo alle importazioni via mare della Russia è stato da lui etichettato come inutile.
Ma la decisione, però, non è piaciuta neppure alla Russia, in base a quanto dichiarato oggi sull'argomento dal vice primo ministro Alexander Novak:
"Venderemo petrolio e prodotti petroliferi a quei paesi, che lavoreranno con noi a condizioni di mercato, anche se dovremo in qualche modo ridurre la produzione", ha affermato. "Ci tengo a sottolinearlo ancora una volta: la nostra posizione è immutata e lo ha ribadito il presidente Putin. Il governo ha più volte affermato che il price cap è uno strumento inefficiente, che interferisce con le regole di mercato e va contro tutte le norme dell'Organizzazione mondiale del commercio.Non utilizzeremo scambi collegati al price cap. Stiamo ora esaminando i meccanismi per vietare l'uso dello strumento del price cap, indipendentemente da quale sarà il limite stabilito", ha precisato Novak."Riteniamo che tale interferenza possa comportare ulteriore destabilizzazione, scarsità di risorse energetiche e riduzione degli investimenti. Può essere applicata non solo al petrolio, ma ad altri prodotti sul mercato e non solo alla Russia, ma anche ad altri Paesi", ha poi aggiunto.
Il 5 dicembre entrerà in vigore un embargo sulle spedizioni di petrolio russo via mare verso i paesi dell'Unione Europea.